Che cosa ho fatto

È da qualche settimana che vorrei tracciare un bilancio del mio personale lockdown e oggi, ultimo giorno in cui è vietato attraversare il confine tra le regioni senza un comprovato motivo, mi pare un buon momento.

Mi volto e sono trascorsi quasi tre mesi da quella sera, il 7 marzo, in cui la mia cena di compleanno con gli amici veniva resa surreale dalle notizie della “zona arancione”, del divieto di uscire di casa, di tutte le limitazioni con cui abbiamo convissuto per lunghe, difficili settimane.

Confesso, con qualche senso di colpa per chi ha subito lutti e perdite che hanno stravolto per sempre la sua vita, che in fondo non me la sono passata male: in due in una casa relativamente spaziosa, con un cane che mi ha consentito un’oretta d’aria al giorno, con sufficienti stimoli per non annoiarsi mai davvero.

Un lutto, a dire il vero, l’ha subito anche la mia famiglia. Il 3 maggio si è spenta la mia ultima nonna superstite, a 91 anni, a Messina. Non è stato un fulmine a ciel sereno, e il dispiacere più grande è stato non poterla salutare un’ultima volta.

Dal giorno dopo ho ricominciato ad andare in studio tutti i giorni, per cercare di riprendere nel migliore dei modi il filo delle pratiche sospese a fine febbraio, con la chiusura quasi totale dei tribunali che è durata fino al 10 maggio.

Lavoro

In realtà non ho mai smesso di lavorare, anche se l’ho fatto da casa e ho deciso di accorciare di un giorno la settimana, dal lunedì al giovedì.

Il primo giorno di lavoro “a distanza” ho comprato una scheda SIM, cedendo dopo anni alla necessità di essere reperibile anche fuori da studio. Il numero è ancora attivo: 351 8793379. Rispondo dal lunedì al venerdì.

In questo modo sono stato raggiungibile sia per i miei “clienti” che chiedevano notizie sulle loro udienze rinviate, sia per quei lavoratori che, via via che uscivano decreti e i luoghi di lavoro prima chiudevano e poi riaprivano, avevano bisogno innanzitutto di informazioni su come gestire al meglio la situazione, e poi di reagire nei casi in cui i datori li costringevano a “mettersi in ferie”, o li mettevano in cassa integrazione senza rotazione, etc..

Il che ha significato dedicare parecchio tempo a studiare i provvedimenti legislativi che si accavallavano, una mole di nuove norme non sempre di facile interpretazione, che ho cercato di commentare qui con ben otto articoli in meno di tre mesi, dal 27 febbraio fino al 22 maggio. Altri ce ne saranno in futuro.

Aggiornare questo blog in effetti, anche alternando i post “professionali” con quelli dedicati alle mie cazzate, è stato una specie di lavoro parallelo. Un lavoro che ha dato dei riscontri, almeno in termini di visite: circa 10mila nei tre mesi di marzo, aprile e maggio, più del triplo della media precedente, con punte di quasi 400 visite giornaliere. Una piccola soddisfazione.

Nel frattempo, mi sono portato avanti con i ricorsi che erano nella mia “coda di lavorazione” all’inizio del lockdown, cercando di dedicarmici qualche ora ogni giorno, per non perdere l’abitudine a scrivere.

Libri

Ho letto molto, ma non moltissimo.

I morti siete voi, di Luca Cangianti, l’ho già segnalato e ve lo consiglio di nuovo.

Aggiungo ora I problemi della rivoluzione cinese e altri scritti su questioni internazionali 1924-1940, voluminosa raccolta di articoli di Trotskij, pubblicata da Einaudi nel 1970: un’opera davvero fondamentale che contiene un’analisi accurata di alcuni dei principali avvenimenti di quell’epoca, dalla rivoluzione cinese all’ascesa del nazismo, condotta con il metodo del materialismo dialettico e con spirito rivoluzionario da una delle figure di riferimento del marxismo nel Novecento. Imprescindibile per chi voglia imparare i principi e i metodi del marxismo, preziosissima per chi voglia studiare anche dal solo punto di vista storiografico un periodo che, per turbolenza e velocità nel succedersi di cambiamenti epocali, ricorda un poco quella in cui stiamo entrando. Cercatelo, compratelo, studiatelo.

TV

Come tutti, ho guardato un sacco di TV. Come tutti i più giovani, l’ho guardata soprattutto dalle piattaforme di streaming.

Su tutti, tre titoli mi hanno davvero emozionato:

The English Game (Netlix): miniserie in sei puntate ambientata nella Gran Bretagna del 1879-1880. L’argomento principale è il passaggio del gioco del calcio da passatempo per ricchi dilettanti a sport professionistico destinato alle masse, una questione attualissima che ci chiama a riflettere sulla natura stessa dello sport e della competizione in generale. Ma i personaggi e l’intreccio delle loro storie formano un affresco avvincente e profondo di un mondo e di un’epoca, toccando perfino il tema della lotta di classe, con sequenze che sembrano tratte da La condizione della classe operaia in Inghilterra o da Salario prezzo e profitto. Le scene di calcio giocato poi sono tra le più belle mai viste, con momenti che, se non vi commuovono, avete un bidone della spazzatura al posto del cuore.

Hollywood (Netflix): altra miniserie in sei puntate, magnificamente scritta da Ryan Murphy (Glee, American Horror Story, American Crime Story). Nella Hollywood della seconda metà degli Anni Quaranta, tutta una serie di outsider (una varia combinazione di omosessuali, neri, donne, ebrei, etc.) si ritrova a lavorare insieme su un progetto rivoluzionario, che cambierà la storia dell’industria cinematografica e della stessa società americana. Descritta così, potrebbe sembrare che il tono sia quello di Green Book, un concentrato di buoni sentimenti riformisti condito con una buona dose di ipocrisia. Non è affatto così, per la semplice ragione che a differenza di quel film, che dichiaratamente raccontava una storia vera a cui ispirarsi, la storia raccontata in Hollywood ha dei tratti in comune con la realtà, ma se ne discosta nelle conclusioni: il film scritto da un nero omosessuale e interpretato da un’attrice di colore non è mai stato realizzato, la prima attrice di colore a vincere un Oscar come migliore attrice protagonista è stata Halle Berry nel 2002, Rock Hudson non rivelò mai la sua omosessualità, eccetera. Nessun “buonismo”: la fiction cambia la realtà svelando crudelmente le sue ingiustizie, la sua discriminazione che è tutt’altro che finita. Il tutto nel contesto di un’opera deliziosamente metacinematografica, un gioco di specchi deformati che non può non incantare.

AlphaGo (YouTube): questo è un documentario, dedicato alla storia di un’intelligenza artificiale programmata per imparare a giocare a Go. Nel racconto di questo progetto, strutturato come un vero e proprio viaggio dell’eroe, l’elemento che colpisce è che, alla fine, non si sa più bene chi sia, l’eroe, e chi invece l’antagonista. La storia comincia come la sfida, giudicata impossibile, di realizzare una macchina che sia in grado di sconfiggere l’uomo – il migliore del mondo in questa specialità. Tifiamo per i programmatori, all’inizio, ne ammiriamo l’ingegno e la visione. Ma quando il programma è diventato sufficientemente bravo, i ruoli si invertono, la sfida cambia di segno: è l’umanità che lotta per non essere superata dalle macchine nell’ultimo campo che sembrava appartenerci, quello dell’intelligenza creativa. Chi vincerà? Scopritelo.

Giochi

Sono stati anche mesi di gran giochi.

Alla PlayStation, ho salvato l’ultimo Jedi superstite al famigerato Ordine 66 e l’ho guidato alla ricerca di antichi manufatti in Jedi Fallen Order.

Poi ho iniziato un viaggio in motocicletta nell’Oregon post-apocalisse zombie nelle vesti del sopravvissuto Deacon St. John per difendere quel che resta della civiltà e scoprire come tutto è iniziato in Days Gone.

Fuori dalla consolle, sul tavolo da gioco, insieme a Martina, mi sono esercitato con Pandemic a curare e debellare virus, in preparazione dell’avventura Legacy che abbiamo iniziato in questi giorni con altri due compagni di avventura.

A distanza, con altri sei compari, ho rispolverato Diplomacy con una partita durata quasi due mesi, da inizio aprile a fine maggio, che ha visto il trionfo della Turchia e un discreto (date le premesse) terzo posto della mia Francia: qui potete ricostruire la partita.

Cucina

Il gusto di stare ai fornelli, a dire il vero, è un po’ sfiorito con l’andare del tempo. Ho fatto esperimenti soprattutto con i dolci, iniziando in grande stile con i pasteis de nata, per poi proseguire con un paio di giri di torta al pistacchio.

Poi ho voluto fare il passo più lungo della gamba provando a sfornare le brioche col tuppo, quelle che a Messina accompagnano le granite (che ho pure fatto, prima al caffè, poi al cioccolato). Il primo tentativo è stato da dimenticare, il secondo un po’ meglio, il terzo non ci sarà mai.

Rivoluzione

L’attività del movimento di cui sono militante, Sinistra Classe Rivoluzione, e dell’organizzazione rivoluzionaria internazionale di cui fa parte, la Tendenza Marxista Internazionale, non è cessata ma è continuata in rete, con incontri di discussione settimanali in videoconferenza, assemblee su Zoom, due edizioni digitali del nostro giornale (a brevissimo uscirà la terza).

È stata un’attività diversa dal solito, che pure ci ha consentito di diffondere le nostre idee in una platea più ampia. L’obiettivo è prepararci per affrontare nel modo migliore l’epoca di cambiamenti straordinari che ormai non si sta più solo preparando: è già iniziata, come stiamo vedendo negli Stati Uniti. A proposito, venerdì 5 giugno si terrà un’assemblea con collegamento da Minneapolis, per comprendere quel che sta accadendo e le prospettive che riserva il prossimo periodo: potete iscrivervi da qui.

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