Esercizi di stile: Zack Snyder’s Director’s Cut

Ora che finalmente riaprono i cinema, in attesa dei prossimi blockbuster, chissà che non arrivi anche sul grande schermo Zack Snyder’s Justice League: il director’s cut del cinecomic a marchio DC originariamente uscito nel 2017, e distribuito in streaming lo scorso marzo in una versione “corretta” dall’autore.

L’interessante vicenda editoriale/produttiva di questo film è magistralmente descritta da I 400 calci in un articolo di cui consiglio davvero la lettura, anche se di cinema e supereroi vi interessa poco.

Io l’ho visto con Martina un mesetto fa in televisione. Avrei voluto scriverne una recensione, ma non trovavo parole abbastanza efficaci. Così ho provato a usare quelle di Raymond Queneau, immaginando un “Esercizio di stile” in versione Zack Snyder’s Director’s Cut (se non sapete a che cosa mi sto riferendo, leggete prima qui).

PRIMA PARTE: “NON CI CONTARE, BATMAN”

Folla informe si accalca al binario della linea S. Il treno compare all’orizzonte, i suoi occhi gialli riescono a stento a penetrare la caligine. A poco a poco comincia a distinguersi la sagoma della locomotiva, sempre più grande e definita nei suoi lineamenti di ferro. Rallenta, penetra nella stazione. Un uomo attende all’inizio del binario. È Bruce Wayne.

Il treno scorre lento davanti a Batman, un vagone per volta, sempre più piano, sembra infinito.

Finalmente. Il treno. Si ferma.

Le porte si aprono sbuffando, gente scende, gente sale. Sale anche Wayne sulla carrozza di coda, piena come tutte le altre: sbuffando come le porte si rassegna a rimanere in piedi in mezzo al corridoio tra i sedili. Il convoglio si muove, accelera lentamente. Le luci nella carrozza sono spente: a schiarire la penombra soltanto il bagliore azzurrognolo degli schermi accesi: smartphone, tablet, computer portatili. Questo mondo forse non merita neppure di essere salvato, pensa Batman.

Il tizio in piedi di fianco a lui avrà sui 26 anni, il collo lungo come la freccia di Artemide e indossa un curioso cappello floscio: al posto del nastro una cordicella dorata che gli ricorda il Lazo della Verità. Sì, quella principessa guerriera non riesce proprio a levarsela dalla testa. Che sia lui quello che sta cercando? Perché sta cercando qualcuno: soltanto per questo Bruce Wayne è salito su una carrozza di seconda classe, lui che è il proprietario di tutte le ferrovie.

Il treno fa tutte le fermate, da un capo all’altro della città. Ogni volta rallenta, si ferma, sbuffa, riparte, accelera. Poi di nuovo rallenta, si ferma, sbuffa, riparte, accelera. E poi ancora. E ancora. Nel corridoio è tutto uno spintonarsi per farsi largo, chi sale e chi scende. A un certo punto il tipo dal collo lungo perde la pazienza con un uomo panciuto che da solo occupa metà dello spazio. Piantala di spingere. Quello non risponde, gli occhi bassi. Mi hai sentito? Levati di dosso. Il ciccione solleva lo sguardo.

Stacco.

La storia dell’uomo panciuto. L’uomo panciuto una volta era magro, era il capitano della squadra di football del liceo. Un pomeriggio scuro e piovoso come quello di oggi, il campo un’unica pozza di fango. La tribuna dall’alto è una testuggine romana di ombrelli. Il non ancora panciuto riceve un lancio e scatta verso la meta. Gli ombrelli ora sono le squame di un enorme serpente che sussulta pregustando il punto della vittoria. Ancora pochi metri. Lo vede solo all’ultimo istante, l’armadio a tre ante spuntato dal nulla alla sua sinistra lanciato a bomba su di lui. Entra diretto sul ginocchio. Crac. Tre mesi su una sedia a rotelle, la depressione, il metabolismo dell’atleta nel corpo di uno storpio. Il ginocchio guarisce quel tanto che basta per tornare a camminare, l’orgoglio no.

Di nuovo sul treno.

Batman osserva la scena come fosse al rallentatore.

Panciuto carica il braccio per sferrargli un cazzotto, Collo lungo si sfila il cappello floscio tenendolo aperto con le due mani e si sposta mezzo passo di lato. Il pugno finisce la sua corsa nel copricapo e prima che Panciuto se ne sia reso conto Collo lungo ha già stretto la cordicella per imbrigliarlo. Ora è il suo turno. Con una mano torce il braccio dell’avversario, con l’altra lo afferra per il collo e lo solleva di peso.

Occhi negli occhi come dardi infuocati.

Piantala.

Di.

Spingere.

Il tempo riprende a scorrere normalmente. Il panciuto si affretta a scendere dal treno, che nel frattempo è di nuovo fermo. L’uomo dal collo lungo si guarda intorno, per vedere l’effetto che fa. Incrocia sguardi. Un ragazzino seduto a due passi da lui spalanca gli occhi, si alza, si leva di mezzo. L’altro si butta a sedere. Non c’è dubbio: l’uomo che sta cercando è proprio lui.

Sono Bruce Wayne, gli sussurra. Sto riunendo una squadra di persone dalle capacità straordinarie, come te. No. Ma se non formiamo una squadra saremo travolti dalla tempesta in arrivo. Non mi interessa. Come vuoi, ma ci rivedremo, e allora ti unirai a noi. Non ci contare, Batman.

Il treno si è fermato di nuovo. Il miliardario sospira, un ultimo sguardo intenso al cappello floscio, si fa largo per scendere. Ha fatto parcheggiare un’auto a ogni stazione: basta mezzi pubblici per oggi. Possibilmente per sempre. Accende il quadro, preme pulsanti. Su uno schermo compare la mappa della città e un puntino luminoso che si muove lentamente, poi più velocemente, poi di nuovo lentamente fino a fermarsi poco distante. Poi riparte, allontanandosi ulteriormente. Ha piazzato di nascosto un tracciatore sull’uomo dal collo lungo! Grazie al cazzo che lo rivedrà.

Due ore dopo il puntino finalmente si ferma alla stazione di Saint Lazare e non riparte più. Deve essere sceso lì. Wayne ha seguito in auto il percorso del treno, il tempo di parcheggiare e raggiungerà il suo bersaglio. Ma è l’ora di punta e per giunta piove: non sarà facile trovare un posto. Fa un giro intorno alla stazione: niente. Prova nelle vie laterali: tutto pieno anche lì. Alla fine si rassegna ed entra in un silos a pagamento in Cour de Rome. Ha i miliardi, ma a volte è spilorcio.

Eccolo, l’inconfondibile cappello floscio. Sta parlando con qualcuno, ma il tracciatore piazzato da Batman è anche radio-trasmettitore. Che hai fatto al soprabito, gli sta chiedendo l’amico. Nulla, ho dato una lezione a un ciccione che spingeva sul treno. Guarda, hai perso un bottone. Dove? Qui, alla sciancratura: devi farlo rimettere. Speriamo di trovarne uno uguale. Ma sai chi ho incontrato sul treno? Non ci puoi credere: Bruce Wayne.

Fine della prima parte.

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