Una losca Manovra

Con un emendamento infilato proditoriamente la domenica prima di Natale nel testo della Legge di Bilancio in attesa di approvazione al Senato, la maggioranza al governo si prepara a fare un altro bel regalo ai lavoratori.

A essere presi di mira questa volta sono i lavoratori più sfruttati e meno pagati, ossia quelli che hanno una retribuzione al di sotto del “minimo costituzionale”.

L’art. 40-ter del disegno di legge infatti stabilisce che

Con il provvedimento con cui il giu­dice accerta, in ogni stato e grado del giudizio, la non conformità all’articolo 36 della Costituzione dello standard retribu­tivo stabilito dal contratto collettivo di la­voro per il settore e la zona di svolgi­mento della prestazione, tenuto conto dei livelli di produttività del lavoro e degli indici del costo della vita, come accertati dall’ISTAT, il datore di lavoro non può essere condannato al pagamento di diffe­renze retributive o contributive per il pe­riodo precedente la data del deposito del
ricorso introduttivo del giudizio se ha ap­plicato lo standard retributivo previsto dal contratto collettivo stipulato a norma del­l’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, o dai contratti dello
stesso settore economico che garantiscono tutele equivalenti ai sensi dell’articolo 11, del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, per il settore e la zona di svolgimento della prestazione.

Traduco dal (volutamente) oscuro linguaggio degli estensori:

“Anche se viene accertato con sentenza che il salario erogato da un datore di lavoro a un lavoratore era inferiore al “minimo costituzionale” (ossia non era proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e/o era tale da non consentirgli un’esistenza libera e dignitosa), il lavoratore non avrà diritto a ricevere gli arretrati se le retribuzioni erano pur sempre quelle previste da un contratto collettivo firmato dai sindacati più rappresentativi.”

Si tratta di un modo particolarmente sfacciato di dare un colpo di spugna a un contenzioso che va avanti da diversi anni, e di cui ho scritto in diverse occasioni, che coinvolge decine di migliaia di lavoratori in particolare nel settore dei “Servizi di vigilanza”.

Due anni fa, la Corte di Cassazione aveva stabilito una volta per tutte, da un lato, che salari al di sotto della soglia di povertà ISTAT sono certamente illegittimi; dall’altro, che poco importa che questi salari siano stati definiti da accordi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative: se sono troppo bassi, spettano comunque gli arretrati.

Dopo averci già provato la scorsa estate, il governo torna alla carica con una proposta che, se diventasse legge, sarebbe un vero e proprio condono a favore delle aziende che per anni hanno macinato profitto risparmiando sul costo del lavoro, e contro i lavoratori che si vedrebbero così privati di migliaia di euro di arretrati.

Va detto che raramente si è vista una norma tanto palesemente incostituzionale, tanto che il riferimento all’articolo della Costituzione violato è già indicato nel testo stesso dell’emendamento: in che senso i lavoratori hanno diritto a una retribuzione adeguata, se nel momento in cui il giudice stabilisce che non lo era non possono ottenere gli arretrati?

Nel tempo occorrente per arrivare a un giudizio di incostituzionalità, però, i diritti di migliaia di lavoratori sono resi incerti e più difficili da ottenere, e già questo è un regalo con i fiocchi per il padronato.

Difficile aspettarsi le barricate dall’opposizione parlamentare, sarebbe ora che le organizzazioni sindacali si muovessero in modo deciso contro questa ennesima porcheria!


EDIT del 23 dicembre: parte che l’emendamento sia stato ritirato a seguito dell’intervento del Presidente della Repubblica.

È un’ottima notizia, ma non possiamo certamente abbassare la guardia perché, come si suol dire, non c’è due senza tre ed è assai probabile che in un modo o nell’altro ci riproveranno.

Va da sé che l’unico modo per risolvere definitivamente il problema sarebbe se i sindacati maggiormente rappresentativi la smettessero una buona volta di firmare rinnovi che prevedono retribuzioni al di sotto del minimo costituzionale.

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