Mancano due settimane ai referendum e proseguo il mio commento ai quattro quesiti che mirano ad aumentare le tutele dei lavoratori in diversi ambiti. Nelle scorse settimane ho scritto del quarto e del terzo quesito; oggi esaminiamo il secondo, con cui si cerca di ottenere l’innalzamento del risarcimento per i licenziamenti illegittimi nelle aziende con meno di 16 dipendenti.
L’abolizione del Jobs Act (primo quesito) avrebbe l’effetto di ampliare le tutele per i lavoratori delle aziende con più di 15 dipendenti, ma non cambierebbe nulla per i dipendenti delle imprese con organico inferiore: sono circa un terzo dei lavoratori in Italia.
In caso di licenziamento dichiarato illegittimo (salvi i rarissimi casi di licenziamento discriminatorio o comunque radicalmente nullo) questi lavoratori possono ottenere al massimo un risarcimento di sei mensilità di stipendio, e mai la reintegrazione.
L’enorme disparità di tutela rispetto ai lavoratori delle imprese con organico superiore ai 15 dipendenti, che storicamente si spiega con l’opportunità di non sanzionare eccessivamente le aziende più piccole, è profondamente ingiusta per diverse ragioni.
La principale è che raggruppa in un’unica categoria di “piccole imprese”, individuandole esclusivamente secondo il parametro del numero di dipendenti e “premiandole” tutte allo stesso modo con sanzioni irrisorie, realtà che sono economicamente diversissime. Hanno meno di 16 dipendenti il bar a conduzione familiare con un banconiere e un incasso appena sufficiente a rimanere aperto, la piccola officina metalmeccanica con una dozzina di operai che fattura qualche centinaio di migliaia di euro all’anno, e perfino la filiale italiana della multinazionale del settore informatico a cui basta una manciata di impiegati per realizzare un fatturato di milioni.
Specialmente in questi casi, il tetto delle sei mensilità non costituisce in alcun modo un deterrente: di fatto il licenziamento ingiustificato del lavoratore sgradito non è nulla di più che una voce secondaria di bilancio, un costo predeterminabile e facilmente sostenibile.
Senza contare che una differenziazione della tutela tanto marcata esclusivamente in base al superamento o meno di una determinata soglia di organico presta il fianco a comportamenti al limite della frode, consentendo ad esempio agli imprenditori più spregiudicati di suddividere i dipendenti tra varie aziende solo formalmente distinte in modo che nessuna superi il limite della tutela inferiore.
Perfino la Corte Costituzionale nella sentenza n. 183/2022 ha sottolineato l’inadeguatezza di una tutela tanto ridotta e allo stesso tempo indifferenziata per realtà economiche estremamente diverse, esortando il legislatore a intervenire. Ovviamente il legislatore se n’è altamente fregato.
Il secondo quesito referendario punta a rimuovere almeno in parte questa ingiustizia, eliminando il tetto massimo di 6 mensilità di retribuzione al risarcimento del danno in caso di licenziamento illegittimo nelle aziende con meno di 16 dipendenti.
Certo, rimarrebbe il limite minimo davvero irrisorio di 2,5 mensilità, e continuerebbe a non essere possibile riottenere il posto di lavoro – per questo sarebbe molto più efficace estendere a tutti i lavoratori l’Articolo 18! – ma quantomeno per le aziende più “ricche” non sarebbe più possibile calcolare a priori il costo di un licenziamento ingiustificato: il rischio di una sanzione economicamente elevata è il deterrente che oggi non c’è.