Minestrone di fine anno

Mi accorgo con orrore che il mio ultimo post qui risale a quasi due mesi fa: che vergogna!

Non è che nel frattempo sia rimasto con le mani in mano, a dire il vero. Alcune cose che ho scritto si trovano semplicemente altrove:

A proposito di Andor, è tempo di classifiche. Ecco a voi

IL MEGLIO DEL 2022

Le migliori serie TV

Partiamo proprio dalle serie TV. Dopo averci dedicato così tanto impegno, non posso non piazzare al primo posto proprio Andor (Disney+) se siete curiosi del perché, il link al mio saggetto è sempre lì che aspetta.

Al secondo e terzo posto, le stagioni uscite nel 2022 di due serie iniziate negli anni passati.

La prima è Better Call Saul (Netflix), che ha trovato in questa sesta stagione la sua conclusione definitiva. La serie è di per sé un capolavoro sotto tutti i punti di vista, non inferiore – e forse perfino più affascinante – di Breaking Bad di cui è il felicissimo spin off. Proprio perché si tratta di quella conclusiva, la sesta stagione merita un plauso a parte. Oltre alla qualità eccelsa, oltre che della recitazione, della scrittura e della regia, della fotografia e del montaggio, che non hanno nulla da invidiare al miglior cinema d’autore, è proprio il modo in cui è stata chiusa non soltanto questa serie, ma di fatto l’intero arco narrativo che comprende anche le vicende narrate in Breaking Bad, a essere semplicemente perfetto.

Sul terzo gradino del podio la seconda stagione di Only Murders in the Building (Star/Disney+), deliziosa serie esattamente nel punto di congiunzione tra crime e comedy, forte della spaventosa bravura e del meraviglioso affiatamento dei tre protagonisti: Steve Martin, Martin Short e – un po’ a sorpresa per me, almeno inizialmente – Selena Gomez.

I migliori film

Non sono andato al cinema tanto spesso quanto avrei voluto (complice il fatto che Martina frequenta le anteprime e a me scoccia poi andare da solo) ma almeno due film straordinari li ho intercettati.

Quello che ho amato di più è Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson: una favola che mi ha incantato in ogni fotogramma. Anderson è un autore capace come pochi di scavare nel cuore degli esseri umani che racconta, e che sono poi gli stessi a cui racconta: per questo sa essere tanto coinvolgente, e pure disturbante quando quel che trova scavando è il marcio che fa parte di tutti noi. Per una volta, ha voluto mostrarci anche del buono, ma lo ha fatto rifuggendo lo stucchevole e con la stessa forza e passione degli altri suoi racconti. L’effetto è di una dolcezza disarmante: un film che allarga il cuore come pochi altri.

Al secondo posto The Fabelmans di Steven Spielberg. Definirlo una dichiarazione d’amore per il cinema significa sminuire l’intento dell’autore. Ovviamente c’è anche questa parte, quella in cui il regista ci mostra il giovane sé che finisce per mettere l’amore per la propria arte davanti all’amore per la propria famiglia. Ma la parte più interessante è la vera e propria lezione che il regista ci impartisce su che cosa sia il cinema, dissezionandolo nelle sue parti materiali ed elementari. Il cinema è innanzitutto, e fin da principio, illusione: è una successione di immagini fisse riprodotte in modo tale da indurre nel nostro cervello la sensazione del movimento. Ed è illusione una seconda volta perché ciò che vediamo è soltanto quello che il regista ha voluto che noi vedessimo. Di tutti i “ferri del mestiere” che l’autore ci mostra, quello che torna con più insistenza non a caso è il montaggio, letteralmente il taglia e cuci della pellicola che, da solo, basta a raccontare qualsiasi storia senza neppure bisogno di parole. L’idea che ne viene fuori è una dichiarazione di potenza e di ammirazione, prima ancora che di amore: il cinema è una forza in grado non soltanto di raccontare la realtà, ma di plasmarla, rendendo reale per tutti ciò che lo era prima soltanto per il regista, e questo perfino oltre le intenzioni del regista stesso.

Infine menzione per Athena, di Romain Gavras, uscito direttamente su Netflix. Purtroppo, perché sarebbe davvero valsa la pena di vederlo al cinema. All’indomani dell’assassinio di un ragazzino di origine araba, l’immaginaria banlieue parigina di Athena in cui viveva diventa il teatro di una spettacolare rivolta di cui sono protagonisti, in modo conflittuale, i suoi tre fratelli. Nonostante il piccolo schermo, il film è stato una delle esperienze visive più impressionanti che abbia mai avuto. La storia segue alternativamente i tre fratelli e così fa la telecamera, con lunghi piani sequenza in successione. Luci ed effetti sonori completano un senso di immersione così intenso da togliere il fiato. Come risulta fin dal titolo, l’autore ha voluto rifarsi alla struttura della tragedia greca, a costo di sacrificare alla fine un messaggio che sarebbe stato più forte sull’altare dell’estetica. Non tutti i finali escono col buco.

I migliori libri

Tra i soli libri usciti nel 2022 (non conto i classici che ho letto o riletto quest’anno), tre mi hanno appassionato e colpito su tutti. Fatico un po’ a metterli in ordine di gradimento perciò li citerò nell’ordine cronologico in cui li ho letti.

Il primo è Furioso. L’ultimo canto di Simone Laudiero, Carlo Bassetti, Pier Mauro Tamburini e Fabrizio Luisi (Mondadori) di cui ho scritto una recensione per FantasyMagazine la scorsa estate: ottima idea, scrittura brillante, numerose chicche.

Poi Ufo 78 di Wu Ming (Einaudi). Dopo che il loro penultimo Proletkult mi aveva lasciato parecchio amaro in bocca, li aspettavo al varco: l’hanno superato brillantemente con un romanzo avvincente, il giusto punto di equilibrio tra storia, finzione, e finzione-che-sembra-storia (e aggiungiamoci forse anche un po’ di storia-che-sembra-finzione). Tocca temi attualissimi e importanti come quello della memoria che è necessario resistere per conservare, e che è altrettanto necessario conservare per resistere. Poi alcune idee che emergono qua e là non sono proprio le mie, ma qui funzionano e va bene così.

Segue, anche tematicamente, La morte, la fanciulla e l’orco rosso di Nicoletta Bourbaki (Alegre). Nicoletta è un gruppo di lavoro sul revisionismo storiografico nato in ambiente Giap con l’intento di smontare e smascherare le narrazioni anti-antifasciste emerse nell’ultimo ventennio dal livello sotterraneo in cui circolavano precedentemente (le fogne, cioè) al livello della stampa e delle pubblicazioni main stream. Il libro tratta in particolare una di queste narrazioni, quella della “martire” Giuseppina Ghersi, uccisa dai partigiani a Savona all’indomani della Liberazione. Non è tanto la vicenda in sé (alla cui ricostruzione scrupolosa è dedicata parte importante del volume) a essere interessante, quanto la ricostruzione della “storia della storia”, ossia di come una vicenda scarsamente citata per mezzo secolo nella stessa memorialistica post-repubblichina sia stata rimossa dal suo contesto, adornata di dettagli scabrosi privi di qualsiasi fonte, e riprodotta su stampa e pubblicazioni main stream negli ultimi vent’anni. Un tassello di quell’opera di rimozione sistematica della memoria storica che culmina in questi giorni con la celebrazione, da parte della seconda carica dello Stato, dell’anniversario della fondazione del Movimento Sociale Italiano.

Viviamo in tempi resi bui dalla totale assenza di un’organizzazione di riferimento della classe lavoratrice. Il libro di Nicoletta Bourbaki mostra in modo perfino soffocante quanto questa assenza abbia reso possibile la valanga di fango in cui siamo immersi. È decisivo, oltre che agire come meglio si può, e preferibilmente in modo collettivo, per cambiare questo stato di cose, preservare la memoria delle differenze, delle lotte, anche di quell’odio salutare che è l’odio di classe.

Spero ci saranno anche nel 2023 serie come Andor (sperando che non vada in vacca nella seconda stagione), romanzi come Ufo 78, saggi come La morte, la fanciulla e l’orco rosso che ci aiutino in questo compito.

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