Vacanze lucane – lotta di classe alla LASME

Procedendo in ordine cronologico, questa parte della vacanza avrei dovuto raccontarla per ultima.

Giù le mani dalla LASME!Ma un paio di giorni fa, il 25 agosto, gli operai della LASME 2 di Melfi hanno pensato bene di occupare la fabbrica per impedire che il padrone portasse via i macchinari. Perciò mi pare meglio scrivere adesso della visita mia e di Pietro al loro presidio fuori dai cancelli, il giorno prima della mia partenza dalla Basilicata, e rimandare la descrizione di Matera e della trasferta pugliese.

Prima ancora di lasciare temporaneamente Lagopesole, avevamo sentito al telegiornale regionale di una fabbrica dell’indotto FIAT di Melfi, la Lasme 2, i cui operai erano da una decina di giorni in presidio permanente davanti ai cancelli, dopo che il 2 agosto avevano tutti ricevuto la lettera di messa in mobilità, per l’imminente (ma mai annunciato prima) trasferimento della produzione a Chiavari.

Così il 17 agosto, di ritorno da Bari, Pietro e io decidiamo di fare una piccola deviazione per S. Nicola di Melfi, dove hanno sede lo stabilimento della FIAT e le molte fabbriche del suo indotto, come la Lasme. In questa parte la Basilicata è proprio come mi aspettavo che fosse, prima di vederla: arida e selvaggia, non un albero né un filare, solo una distesa di capannoni.

L’escursione termica tra i 24° dentro la macchina e i 39° del piazzale è, appunto, di 15°: detta così non dà a sufficienza l’idea del caldo torrido, dell’aria così immobile che si fatica a respirare. Il presidio è composto da un paio di tendoni, sotto cui una ventina di persone discutono animatamente. C’è anche una specie di “cucina” (in effetti un frigorifero e un tavolo) da cui di tanto in tanto compare della frutta fresca. Ci sono anche dei bambini piccoli, avranno 6 anni o giù di lì, che giocano con un SuperTele e sguazzano in una piscinetta gonfiabile: fa rabbrividire l’idea che abbiano trascorso qui le loro “vacanze”.

Per qualche minuto ci sediamo ad ascoltare i discorsi: qualcuno si lamenta che non ci sia nulla da fare, che se la fabbrica chiude non possono fare altro che trovarsi un’altra sistemazione, altri gli rispondono in toni accesi accusandolo di disfattismo, un funzionario della FIOM annuncia che il giorno 24 è stato fissato un incontro con i vertici aziendali al palazzo della Confindustria di Potenza.

Qualcuno dopo un po’ si accorge della nostra presenza e ci chiede chi siamo. Ci presentiamo e cominciamo a chiacchierare con Vito, un delegato RSU che ci spiega un po’ la vicenda mentre sorveglia il pranzo dei suoi bambini. La Lasme 2 è un’azienda che produce componentistica per auto, in particolare alzacristalli elettrici e moduli per sportelli. Ha una sede a Melfi, dove produce principalmente per FIAT, e una a Chiavari, dove riceve commesse anche da altre case automobilistiche. La sede di Melfi è attiva da circa 25 anni, impiega 174 operai con un’età media intorno ai 30 anni. Lavorano anche numerose donne, e non sono poche le coppie nate in fabbrica.

Il 2 agosto scorso, subito dopo la chiusura estiva, a tutti i 174 dipendenti è stata recapitata come una doccia fredda la lettera di messa in mobilità: la proprietà aveva deciso di trasferire l’intera produzione a Chiavari – dove si sta trasferendo in uno stabilimento più grande – chiudendo la sede di Melfi e spostandone al nord anche i macchinari. In fretta e furia è stato allora organizzato il presidio davanti ai cancelli, per evitare che le macchine venissero portate via, com’era in origine nei piani del padrone. Da allora sono passate due settimane, in cui hanno cercato di organizzare una rete di solidarietà, anche tramite le istituzioni locali, e di coinvolgere il maggior numero possibile di lavoratori, il tutto tra le molte difficoltà legate al periodo estivo. Ma la situazione è in stallo, e l’unica promessa che hanno strappato finora è quella dell’incontro del 24 agosto alla sede di Confindustria di Potenza. Lì chiederanno la revoca del provvedimento di chiusura, e l’immediata reintegrazione di tutti i lavoratori licenziati. Altrimenti sono pronti a lottare per difendere il proprio posto di lavoro.

Noi ascoltiamo, raccontiamo a nostra volta della lotta vittoriosa della INSSE di Milano, dove ho visto poche settimane prima un presidio tanto simile a questo. Poi, dopo aver scattato qualche foto, li salutiamo augurando che la loro lotta possa avere altrettanto successo.

Per giorni non ho trovato notizie della protesta, fino a ieri quando leggo che gli operai e le loro famiglie si sono scontrati a Potenza con la polizia, che voleva impedire loro di partecipare in massa al promesso incontro col padrone. L’incontro c’è stato ma non ha dato alcun risultato: la proprietà non si sposta di un millimetro. Così oggi leggo sulla Gazzetta del Mezzogiorno che martedì Vito, insieme ad altri sei compagni, è salito sul tetto della fabbrica e si dichiara pronto allo sciopero della fame per salvare posti di lavoro e condizioni di vita dignitose per 174 operai e le loro famiglie. Ricordandomi del caldo torrido nel piazzale davanti ai cancelli, non oso immaginare che cosa debba essere passare giorni interni sul tetto di lamiera, e non posso che ammirare il coraggio disperato di questi lavoratori, e davvero sperare che la loro determinazione li conduca alla vittoria.

Di certo, il “modello INNSE” si diffonde in questo agosto caldissimo, e di questo si deve essere grati agli operai di Lambrate. Non è un caso che i mezzi di comunicazione nazionali si guardino bene dal dare pubblicità alle decine di casi analoghi che stanno esplodendo in tutta Italia in queste settimane: non c’è pericolo maggiore per la classe dominante di questo Paese, che i lavoratori acquistino coscienza della loro condizione di sfruttati e della forza che possono avere unendosi e lottando per difendere i propri diritti.

Non sarà molto, ma l’Avvocato Laser continuerà a fare buona guardia e sarà al loro fianco.

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