Partita a quattro

La partita a quattro che da mesi si gioca tra FIAT, Confindustria, CGIL e FIOM si fa sempre più intricata. Se non fosse che la posta in gioco sono i diritti e le condizioni di vita di una decina di milioni di persone (i dipendenti a tempo indeterminato che godono dell’Articolo 18 e le loro famiglie), ci sarebbe da farne una versione in gioco da tavolo, tipo Diplomacy.

La vicenda si è arricchita in questi giorni di diversi nuovi capitoli, di cui conviene dar conto per evitare di saltare passaggi e cercare di capirne un po’ di più.

Il 21 settembre, Susanna Camusso ha sottoscritto con Confindustria e i sindacati gialli l’impegno della CGIL a far applicare l’accordo interconfederale del 28 giugno, affermando urbi et orbi che l’accordo servirebbe a neutralizzare l’art. 8 della manovra.

La FIOM, da subito fortemente contraria al patto, ha levato questa volta solo flebili proteste, mentre ha cominciato a discutere al suo interno una piattaforma di rinnovo del CCNL Metalmeccanici che di fatto sembra accogliere alcune delle misure più gravi dell’accordo: in particolare, la previsione di clausole di “raffreddamento” o di “tregua sindacale” che limitano il diritto di sciopero nei periodi di contrattazione. I vertici del sindacato metalmeccanico smentiscono, ma intanto il Sole24Ore plaude al nuovo clima in casa FIOM: comunque la si voglia girare, è un passo indietro rispetto alle posizioni tenute dalla FIOM negli ultimi mesi, nel nome di un riavvicinamento alla CGIL.

Ma la firma del 21 settembre ha provocato anche la reazione della FIAT, che ha ribadito l’intenzione, già manifestata a fine giugno, di uscire da Confindustria dall’anno prossimo. Di per sé, infatti, l’accordo del 28 giugno non basterebbe a garantire la validità degli accordi-capestro di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco: Marchionne ha espressamente dichiarato di voler essere pienamente libero di applicare l’art. 8 della manovra, che rispetto al patto interconfederale ha in più, sintetizzando, 1) che è retroattivo e 2) che riguarda esplicitamente anche i licenziamenti.

Marcegaglia, che nei giorni prima aveva presentato un “manifesto” in cinque punti con le richieste di Confindustria al governo, si è affrettata a rassicurare (invano, almeno per ora) il collega sostenendo che “la sottoscrizione definitiva del 28 giugno non mina minimamente la portata e l’efficacia dell’art. 8, anzi in un certo senso lo rafforza“: evidentemente una tra lei e Camusso sta mentendo! Qualcuno ha dei sospetti?

Credo che sbagli di grosso la FIOM a fare passi indietro nella direzione di un riavvicinamento con la CGIL, proprio nel momento in cui la confederazione esprime il massimo sforzo possibile nel tentativo di ricomporre un quadro concertativo con Confindustria. La mossa di Marchionne scompagina un po’ le carte, scopre il gioco della Camusso e la sinistra sindacale dovrebbe sfruttarla per riaffermare con forza la necessità di un’alternativa radicale.

I movimenti che il 15 ottobre saranno in piazza per protestare contro questo andazzo chiedono proprio di essere coinvolti nella creazione, democratica, di questa alternativa! In effetti, la partita non è a quattro ma a cinque: e alla fine a essere decisivo sarà il quinto giocatore.

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