Nostalgia canaglia 5 – I bar di Pavia

Cappuccio e brioche

Venerdì scorso è stata la mia ultima notte nella mia casa di Pavia. Nel dormiveglia mattutino ho realizzato che tra le cose che più caratterizzano una città ci sono i suoi bar: ecco perché la battaglia per liberarli dalle slot machine merita davvero di essere combattuta. Comunque, ho provato a stilare una lista dei dieci bar pavesi che, in questi sedici anni, hanno rappresentato almeno per un periodo un punto di riferimento significativo. Mi sono svegliato del tutto e l’ho trascritta: eccola, più o meno nell’ordine cronologico in cui li ho frequentati più assiduamente.

1. Bar Augustus

Si trova in piazza del Municipio ed è il primo bar in cui sia entrato a Pavia, nel settembre del 1998, prima ancora che ci andassi a vivere. Vi feci colazione la mattina dello scritto del concorso in Collegio, con un mio compagno del liceo, e ci tornai per l’intera settimana. Poi basta, ma mi è rimasta impressa la gentilezza della padrona in quei giorni tremebondi.

2. Voltino

Entrato in Collegio, dopo poco tempo il caffè al Voltino dopo pranzo (dopo i Simpson, per la precisione) divenne un vero e proprio rito collettivo. Come ricordava Mauro qualche giorno fa, nei periodi di maggiore cazzeggio (che erano frequenti) poteva capitare di trascorrerci anche un paio d’ore al giorno. Tuttora nei miei ricordi è sinonimo di “sciallo”.

3. Bar dell’Università –> Caffè Bordoni

Nei periodi di minore cazzeggio, quando frequentavo un po’ la biblioteca o le aule studio dell’Università, un punto di riferimento essenziale era il baretto gestito da un’anziana coppia all’interno dell’ateneo. Ricordo con molto affetto quello spazio minuscolo che sapeva di vecchio, ma un vecchio piacevole, pieno di calore umano. Tutto il contrario degli spazi ultra-commerciali concessi dall’Università negli anni successivi, con tanto di happy hour serale e serate fighette.

Siccome il bar dell’Università ha chiuso, ho pensato di aggiungere al mio elenco un altro caffè, il Bordoni, una specie di sala da tè dove andavo con i miei compagni di facoltà e di Collegio dopo le lezioni. Dunque parliamo del primo, al massimo secondo anno di Università, l’unico periodo in cui abbia davvero frequentato. Adesso non so, all’epoca le brioche di pasticceria erano buonissime.

4. Sottovento

Di questo posto straordinario, l’unico che abbia frequentato dal primo all’ultimo dei miei sedici anni pavesi, ho già scritto qui. Sabato è stato l’ultimo posto che ho salutato.

5. Araldo (oggi Pane e salame)

Il salto di qualità nel mio rapporto con il bar è stato quando ho scoperto che ci potevo andare a studiare. Il posto perfetto, quando cominciava l’estate, era l’Araldo in Corso Carlo Alberto, con il suo dehor e i tavoli grandi in cui si poteva stare in due o tre con i libri aperti. Capitava di andarci dopo pranzo e rimanerci fino a prima di cena, passando dal caffè a un tè freddo fino all’aperitivo. Diritto amministrativo l’ho preparato in gran parte lì. Non ne ricordo assolutamente nulla.

6. Caffè dell’Arte

Così quando uscii dal Collegio, dopo i quattro anni canonici, trovai casa proprio di fianco all’Araldo. Intendiamoci, non fu quello a farmi scegliere l’appartamento (per la precisione furono i due piani, le scale con la ringhiera in ferro battuto e il fatto che si trovasse a pochi metri dall’Università). Ma ancora più vicino dell’Araldo era il Caffè dell’Arte: in effetti era letteralmente dall’altro lato della parete della mia stanza. Non ci andavo spesso, ma ricordo distintamente l’effetto buffo di pensarmi a tre metri dal mio letto, eppure in un locale pubblico.

7. La cupola

Il riferimento non è a Cosa Nostra, ma alla Cupola Arnaboldi, uno dei luoghi più particolari del centro di Pavia, proprio davanti alla sede universitaria di Piazza del Lino. Nella biblioteca di Lettere, dove lavorava un’amica, trascorsi buona parte dei mesi precedenti lo scritto dell’esame di avvocato: avevo lasciato lo studio di diritto commerciale (in realtà, recupero crediti) dove avevo lavorato da praticante per circa un anno e mezzo, avevo deciso di cercar fortuna nel diritto del lavoro ma per circa sei mesi non trovai nulla. Di quel periodo, che in generale ricordo senza alcuna gioia, l’unico aspetto piacevole era tornare ai ritmi da universitario: biblioteca e pause caffè nell’amichevole bar sotto la cupola.

8. V2

Quando l’anno successivo (il 2006) mi ritrovai nuovamente a Pavia per preparare l’orale dell’esame di avvocato, lo spirito era completamente diverso, per un’infinità di motivi. Presi l’abitudine di far colazione al V2 in Piazza inizialmente, lo confesso, per via di una cameriera molto carina. Uscivo di casa la mattina abbastanza presto, portandomi dietro il manuale che stavo ripassando, leggevo la Gazzetta dello Sport durante il canonico cappuccio e brioche e poi rimanevo un’altra oretta a studiare. Un paio di volte la cameriera carina, con cui nel frattempo avevo un po’ familiarizzato, mi offrì il caffè. Mi portò fortuna all’esame.

9. Ambarabà

E infine nel 2007 andai a vivere da solo, in un appartamento non più da studente, con una porta vera, impianti a norma e un balcone, in una delle mie vie pavesi preferite, Corso Garibaldi. Proprio sotto casa c’erano una pizzeria da asporto (di cui mi sono servito solo due volte in sette anni: chissà che avranno pensato le duecento volte che si sono visti passare davanti l’omino delle consegne di qualche altra pizzeria) e un baretto non molto lussuoso, ma simpatico e perfettamente in grado di offrire cappuccino, brioche e Gazzetta all’occorrenza.

10. Quelli brilli

Ma da quando ho iniziato ad abitare in Corso Garibaldi, il mio bar preferito, quello dove andavo a fare colazione la domenica mattina, è diventato senz’altro Quelli brilli, per via del clima accogliente ma soprattutto dei tavolini in piazza San Michele.

Ne potrei elencare molti altri, di bar a cui sono legati ricordi e aneddoti, ma dieci bastano. Tutti sono raggiungibili a piedi da ciascuno degli altri in meno di un quarto d’ora: è l’aspetto di Pavia che amo di più. E tutti sono rigorosamente senza slot.

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