Nemmeno stavolta

I-Ching

Ho ascoltato con il fiato sospeso il nuovo Presidente del Consiglio Matteo Renzi leggere l’elenco dei ministri del suo governo, in attesa di conoscere l’identità del nuovo Ministro del Lavoro. Non che nutrissi, non dico speranze, ma neppure il benché minimo dubbio per qualsiasi nome sarebbe stato pronunciato: non credo ci sia bisogno di chiarire che questo governo, così come tutti quelli che l’hanno preceduto, lo considero un nemico di classe, senza se e senza ma. No, il mio interesse era un altro: puntavo alla nomina di un certo senatore avvocato giuslavorista perché un paio d’anni fa, raccogliendo l’appello di Valerio Evangelisti nella sua mailing list, scrissi un racconto per una raccolta che non venne mai pubblicata perché nel tempo necessario per produrla cadde il governo Monti, che doveva essere il bersaglio della satira.

Così anche questo racconto non vide mai la luce. Per pubblicarlo aspettavo solo che quel tale senatore avvocato giuslavorista, sempre papabile e sempre scartato, venisse finalmente nominato ministro: ma dopo l’ennesima bocciatura  ho deciso che non vale la pena attendere ancora. In fondo, mi pare che il futuro che descrive continui a essere piuttosto verosimile.

P.S. Appena appreso dell’ennesima mancata nomina, ho scritto questo tweet: “E il povero @pietroichino non ce l’ha fatta nemmeno stavolta!“. Indovinate chi si è immediatamente aggiunto ai miei follower? Mi sono sentito in dovere di precisare che ero sarcastico.

P.P.S. Ministro del Lavoro è stato nominato Giuliano Poletti, già segretario del PCI di Imola negli anni Ottanta ma soprattutto, negli ultimi dieci anni, presidente di Legacoop e da un anno a questa parte dell’Alleanza delle Cooperative Italiane: insomma, il suo nome è la risposta del padronato alle lotte dei lavoratori della logistica della Granarolo, una vera e propria dichiarazione di guerra. Avremo sicuramente modo di riparlarne.

 

I-Chin

Il sorriso sardonico dell’uomo coi baffetti lo fissava da ciascuna delle tre monete d’oro su cui era inciso il volto. “Testa-testa-testa”, annotò coscienziosamente Mah-Ki-Yong sul taccuino di carta di riso. Confrontò il risultato con quello dei cinque lanci precedenti e calcolò l’oracolo:

Alle falde del monte sta il lago: l’immagine della diminuzione. Così il nobile doma la sua ira e raffrena i suoi istinti.

L’immagine della diminuzione…” mormorò a fior di labbra. “Certo, il licenziamento è una diminuzione del personale, è evidente. L’azienda è chiaramente il nobile che è costretto a ridurre il personale per frenare i suoi istinti, che sarebbero di chiudere baracca e burattini e andare a investire da qualche altra parte. Magari ad Atene, capitale del Protettorato Ellenico Tedesco Orientale. Ma licenziare nel P.E.T.O. è un incubo, non come qui in Italia. Il che ci riporta alla domanda iniziale: chi dobbiamo eliminare? Alle falde del monte sta il lago…

L’I-Chin amava rispondere per enigmi, ma Mah-Ki-Yong non era diventato per caso direttore del personale della Sun Industries a soli 35 anni. Aprì la banca dati e fece scorrere l’elenco dei dipendenti. Dopo pochi minuti aveva i suoi tre licenziati: Giosué Faldini, Giovanni Dell’Acqua e Riccardo Montagna. Il primo di notorie idee socialiste, il secondo quasi sessantenne – costava il triplo dello stagista che avrebbero preso al suo posto – e il terzo, girava voce che portasse sfiga. L’I-Chin era davvero infallibile.

Scarabocchiò i nomi su un foglietto e lo consegnò alla segretaria, nel vestibolo dell’ufficio: «Per piacere, prepari tre lettere di licenziamento da comunicarsi alla fine del secondo turno. Procedura standard. Io vado a pranzo, tornerò verso le quattro del pomeriggio».

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Il seguito potete leggerlo qui.

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