Il Venezuela e la libertà di informazione

Questo articolo era stato scritto originariamente come risposta ad un commento fazioso comparso sul quotidiano La Stampa. Con mio orgoglio, pari soltanto alla mia sorpresa, è stato pubblicato prima sul sito www.marxismo.net, e poi tradotto in varie lingue e pubblicato in diversi siti, specialmente in lingua inglese e spagnola, tra cui www.handsoffvenezuela.com e www.marxist.com (con il titolo “Venezuela and freedom of speech: 4 lies and 4 answers”)

Da quando il Presidente del Venezuela ha annunciato alcuni mesi fa che il Governo Bolivariano non avrebbe rinnovato la concessione delle frequenze televisive all’emittente RCTV, si è scatenata in Italia (ed in tutti i Paesi occidentali, d’altra parte) una feroce campagna che accusa Hugo Chavez di attentare alla libertà di informazione, per “mettere il bavaglio all’opposizione”.

Un po’ tutti i principali quotidiani italiani si sono accodati a questo fuoco di fila, ma gli argomenti utilizzati a supporto di questa campagna sono spesso e volentieri del tutto privi di fondamento, e si basano quasi sempre su dati essenzialmente falsi.

Tra le accuse più frequenti, in particolare, c’è quella per cui il Governo venezuelano avrebbe chiuso una delle poche televisioni private venezuelane, e così facendo avrebbe messo a tacere una delle poche fonti di informazione indipendenti, perché questa emittente “ostacolava il progetto populista” di Chavez.

Si tratta di totali falsità, come è molto agevole dimostrare:

“RCTV è stata chiusa da Hugo Chavez”

RCTV non è stata chiusa da Hugo Chavez. RCTV trasmette i propri programmi tramite frequenze televisive, che sono un bene pubblico e vengono periodicamente assegnate dal Governo a questo o quel canale. Alla scadenza dell’attuale periodo di assegnazione, il prossimo 28 maggio, la concessione non verrà rinnovata a RCTV: la legge venezuelana (ma la legge di qualsiasi Paese, a ben guardare, e per fortuna) non obbliga il Governo a concedere la licenza sempre alla stessa emittente, ma consente di assegnare le frequenze a chi preferisce. Quanto ai motivi per cui il Governo Bolivariano intende negare il rinnovo della concessione, si veda sotto.

“RCTV è una delle poche televisioni private Venezuelane”

Secondo dati forniti dall’Osservatorio Internazionale sui Media, oggi in Venezuela la quasi totalità dei mezzi di informazione (televisione, radio, giornali) sono di proprietà privata. In particolare, nel campo televisivo, il 90% del mercato è controllato da quattro emittenti private: RCTV, Globovision, Televen e Venevision. Il proprietario di RCTV, Marcel Granier, possiede, oltre a quel canale, una quarantina di altre emittenti televisive in tutto il Venezuela (ovviamente in gran parte emittenti locali). Per la precisione, su 81 emittenti televisive, 79 (il 97%) sono di proprietà privata; su 709 emittenti radiofoniche, 706 sono private (il 99%), e 118 testate giornalistiche su 118 sono pure private.

“RCTV ostacolava il progetto populista di Chavez”

Senza scendere qui nel merito del progetto di Hugo Chavez (ma i mezzi di informazione di proprietà dell’imprenditoria nostrana tendono a definire “populismo” ogni progetto politico che non contempli e supporti attivamente lo sfruttamento ai danni dei lavoratori) forse sarebbe il caso di specificare che cosa si intende quando si afferma che RCTV ostacolava la politica del Governo Bolivariano. La verità è che RCTV partecipò in modo diretto e tangibile al colpo di stato che nel 2002 tentò di rovesciare il Presidente democraticamente eletto. La partecipazione di RCTV nella rottura costituzionale d’aprile del 2002 fu tale che il suo manager di produzione, Andres Izarra, che s’opponeva al colpo di Stato, si dimise subito per non trasformarsi in complice. Durante una testimonianza davanti l’Assemblea Nazionale, Izarra indicò che il giorno del golpe e durante quelli seguenti ricevette l’ordine formale di Granier di non trasmettere nessuna informazione su Chavez, i suoi addetti, ministri o qualsiasi altra persona che potesse essere relazionata con lui”. Ed in effetti, l’emittente si limitò a riportare che il Presidente Chavez aveva rassegnato le dimissioni (era falso: era stato sequestrato dai golpisti…). E quando due giorni dopo milioni di venezuelani scesero in piazza pretendendo il ritorno del Presidente che avevano eletto, RCTV non trasmise altro che cartoni animati! Un documento eccezionale degli avvenimenti di quei giorni convulsi è il filmato girato da una troupe irlandese, trovatasi per caso “prigioniera” in Palazzo Miraflores durante il colpo di stato, dal titolo significativo “La rivoluzione non sarà teletrasmessa”.

“Con la chiusura di RCTV viene chiusa una delle poche fonti di informazioni non dipendenti direttamente dallo stato”

Come già detto, non è così, anzi! Sempre secondo i dati dell’Osservatorio Internazionale sui Media, la gran parte dell’informazione in Venezuela, non soltanto è privata, ma è anche apertamente schierata con l’opposizione al Governo di Chavez: è un curioso paradosso della democrazia, che in un Paese in cui il Governo dispone di un sostegno popolare di quasi due terzi della popolazione (stando alle ultime elezioni presidenziali), tre quarti dei media non facciano altro che attaccarlo. Nel 2002, l’Osservatorio per i Diritti Umani affermò esplicitamente che “lungi dal fornire un’informazione onesta e veritiera, i media in gran parte cercano di provocare il malcontento popolare a supporto dell’ala estremista dell’opposizione”. Ciononostante, tale è la democraticità del Governo Bolivariano, che nessuna emittente è stata chiusa, e soltanto alla scadenza della licenza a RCTV viene revocato l’utilizzo delle frequenze. C’è da chiedersi se in qualsiasi altro Paese “democratico”, se un canale televisivo avesse apertamente sostenuto il rovesciamento del governo, avrebbe continuato a trasmettere anche dopo il fallimento del colpo di stato, e se il suo proprietario andrebbe esente dalla giustizia penale. E non c’è nemmeno bisogno di scomodare gli “editti bulgari” di Berlusconi – che per molto meno ha esiliato dagli schermi per anni Biagi, Santoro e Luttazzi (e quest’ultimo sta ancora scontando l’esilio!).

Simon Bolivar scrisse che un popolo non può essere libero se non è garantita la libertà di espressione. Non c’è nulla di più vero. Ma occorre chiedersi se garantisca davvero la libertà di espressione un sistema in cui i mezzi di informazione sono tutti o quasi controllati dalla cricca dei pochi ricchi, e svolgono il proprio servizio per difendere esclusivamente gli interessi di questi pochi, contro quelli del resto del popolo.

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