(Non) lavorare al tempo del coronavirus

Il titolare del baretto di fianco al mio ufficio ha lasciato a casa l’unica barista per tutta la settimana, dal momento che “c’è poco lavoro” e basta lui per gestire la clientela. Sono migliaia, o probabilmente decine di migliaia, i lavoratori che in questi giorni (settimane?) di “emergenza sanitaria” si trovano in situazioni simili, tra chiusure obbligatorie per decreto (es. cinema e teatri nel Nord Italia) e altre per calo di lavoro.

I danni dell’epidemia sul sistema economico sono ingenti (si parla di un impatto di mezzo punto del PIL) e, come sempre, in prima fila a subire il colpo saranno i lavoratori, in un modo o nell’altro. I rimedi offerti dal nostro sistema sono solo parziali e, soprattutto, non sono accessibili a una parte significativa dei lavoratori, in particolare a tutti quelli senza contratti di lavoro dipendente.

Partiamo però con i lavoratori subordinati, a tempo indeterminato e anche a termine (almeno per la durata del contratto): che cosa devono fare se vengono “lasciati a casa” in questo periodo? Dipende dalle situazioni.

Il caso più frequente è quello in cui sia il datore di lavoro a decidere autonomamente di non far lavorare i propri dipendenti, o di ridurne l’orario.

Qui secondo me non ci sono dubbi: al lavoratore spetta comunque la retribuzione per intero. Sento e leggo di tanti, in questi casi, obbligati dai datori di lavoro a utilizzare ferie e permessi (che dunque non avranno più quando avrebbero preferito utilizzarli), ma si tratta di un abuso.

Per quanto riguarda le ferie, in particolare, il principio generale è che debbano essere concordate tenendo conto degli interessi reciproci: il che significa che il datore di lavoro possa stabilire almeno parte dei periodi feriali (è quello che accade normalmente con le chiusure estive), ma a condizione che vengano comunicati con sufficiente preavviso, in modo tale che il lavoratore possa effettivamente utilizzare quei giorni per le esigenze di riposo e di ricreazione.

Chiaramente non è questo il caso, se si viene “lasciati a casa” con un preavviso di pochi giorni, o magari direttamente dalla sera alla mattina. Chi subisce questo tipo di soprusi potrà chiedere il pagamento delle retribuzioni che non sono state pagate, entro cinque anni dalla cessazione del rapporto di lavoro o preferibilmente, specie per chi lavora in aziende con più di 15 dipendenti, entro cinque anni da adesso.

È diversa invece la situazione in cui sia un ordine dell’autorità sanitaria a rendere impossibile la prestazione lavorativa: è il caso di chi lavora nei cinema o nei teatri, chiusi per decreto nelle regioni del Nord Italia, o dei lavoratori che abitano nella “zona rossa” e non possono raggiungere il posto di lavoro.

Sono i casi più spinosi, per i quali è tanto più necessario che il governo attivi urgentemente misure straordinarie, perché si tratta di una sospensione reciproca delle obbligazioni: dunque, secondo le regole generali del diritto, il lavoratore è certamente assente giustificato dal lavoro, ma allo stesso tempo il datore di lavoro non è obbligato a corrispondergli la retribuzione.

L’unica soluzione che garantisce ai lavoratori di percepire almeno parte dello stipendio, in questo caso (escludendo di utilizzare le ferie, che equivale comunque a perdere i corrispondenti giorni di retribuzione) è l’accesso alla Cassa Integrazione Guadagni. Si tratta di un ammortizzatore sociale che pone a carico dell’INPS il pagamento dell’80% dello stipendio e che può essere attivata proprio in situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili né al datore di lavoro né ai lavoratori. Il problema, oltre alla decurtazione non trascurabile dello stipendio, è che l’attivazione della Cassa, ordinaria per determinate categorie di imprese, in deroga per le altre, richiede l’iniziativa del datore di lavoro e prevede una lunga serie di controlli (giustamente, in linea generale: altrimenti il rischio sarebbe che le imprese se ne approfittino) che in questa situazione rischiano di aggravare le condizioni di chi, nel frattempo, rimane senza stipendio.

Perciò serve un provvedimento urgente del governo che, con riferimento a questa situazione, renda la Cassa Integrazione automatica per tutte le aziende costrette a chiudere e per tutti i lavoratori impossibilitati a lavorare e, soprattutto, assicuri il pagamento dell’intero salario. Al momento però il ministro del lavoro Nunzia Catalfo ha parlato solo di Cassa Integrazione ordinaria (che tuttavia non è accessibile a tutte le imprese) affermando che non servano neppure disposizioni ad hoc.

Inoltre, nel caso in cui l’emergenza si prolungasse, la Cassa Integrazione (in deroga) dovrebbe essere accessibile con semplicità a tutte le imprese (anche piccole e piccolissime) che possano dimostrare un sensibile calo dell’attività lavorativa, in modo che i loro dipendenti non debbano subire gli effetti di eventuali situazioni di insolvenza. Certamente, ci sarebbero parecchi imprenditori “furbi” che ne abuserebbero. Perciò andrebbero intensificati i controlli, anche a posteriori, e introdotte sanzioni davvero efficaci a scoraggiare le violazioni.

Se in un modo o nell’altro i dipendenti a tempo indeterminato (e anche quelli a tempo determinato, finché dura il contratto) sono almeno in parte tutelati, è ben diversa la situazione per chi ha altri tipi di contratti precari: sia di tipo subordinato come i contratti a chiamata, sia formalmente autonomi come i contratti di collaborazione, le “partite IVA”, e per chi proprio lavora senza un contratto, in nero. Queste categorie di lavoratori sono spesso alla mercé dei loro committenti/datori, che possono sbarazzarsene con un SMS. Per loro non è prevista nemmeno tutela in caso di perdita del lavoro (neppure la NASpI, al limite qualche misero assegno di ricollocazione).

Nella mia esperienza, ci sono due grandi tipologie di precari e lavoratori in nero: quelli che comunque lavorano esclusivamente o quasi per lo stesso committente/datore, e quelli che invece sono finti “liberi professionisti” che si arrangiano con tanti lavori diversi.

Per questi ultimi, c’è poco da fare nel sistema attuale. Sono le vere vittime dell’epidemia, enormemente più numerose degli infetti. Anche per questi lavoratori dovrebbero essere estesi ammortizzatori sociali dignitosi.

Per i primi, invece, forse è davvero la volta buona che, perso per perso, vale la pena fare causa al datore di lavoro per ottenere l’accertamento e la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato: in molti casi non sarà agevole, ma spesso qualche appiglio si trova.

Questo vale soprattutto per chi lavora con contratti di collaborazione coordinata e continuativa (i co.co.co. usciti dalla porta all’epoca della “legge Biagi” e rientrati dalla finestra con il Jobs Act). Con la sentenza di cui ho accennato qualche settimana fa, la Corte di Cassazione ha stabilito che a questi lavoratori, nel caso (estremamente frequente) in cui la prestazione lavorativa sia organizzata dal committente, si applica per intero la disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Perché allora non dovrebbero valere anche in questo caso le stesse regole che si applicano ai dipendenti? E dunque il pieno diritto al compenso, nel caso in cui la prestazione venga rifiutata dal datore di lavoro?

Se voi o qualcuno che conoscete state affrontando una di queste situazioni, scrivetemi!

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37 comments

  1. Salve! Stavo cercando qualche chiarimento in merito all’ultimo decreto emanato oggi riguardo gli aiuti previsti per chi si trova in difficoltà a causa del Coronavirus e mi sono imbattuta nel suo sito.
    Lavoro come impiegata per una società che gestisce un discoclub. Ho un contratto a chiamata che scadrà il 30 aprile p.v. . In quanto locale con ristorazione e grande affluenza di pubblico siamo stati i primi a dover chiudere in Lombardia. In pratica dal 26 febbraio non sono più stata “chiamata”.
    Al momento sembra che non ci sia una norma chiara che preveda un risarcimento anche per i lavoratori con il mio tipo di contratto (che come dice lei sono veramente tanti!)
    Specifico inoltre che il mio contratto è di sole 12 ore settimanali in quanto il locale apre solo dal giovedì al sabato e che il mio stipendio non è esattamente una fortuna… Quindi mi arrangio lavorando anche per altri locali del settore della ristorazione, ma senza alcun contratto.
    Faccio presente che mio marito è operaio metalmeccanico e percepisce un buon stipendio ma abbiamo tre figli di cui uno che studia all’università e due gemelli che frequentano le scuole superiori, ai quali si aggiunge un mutuo per l’acquisto della prima casa. Come sentirà dire da tutti: i soldi non bastano mai.
    Mi scuso per lo sfogo ma vista la quarantena anche scrivere una mail dà conforto.
    Spero mi possa aggiornare su eventuali novità riguardo al decreto, sembra che ne verrà emanato un altro nel mese di aprile.
    La ringrazio per il servizio che sta offrendo e le auguro buon lavoro, nonostante tutto.
    Cordiali saluti.
    Silvia

  2. Buongiorno,
    di base, i lavoratori a chiamata senza un minimo di prestazioni mensili garantite non hanno tutela, se non vengono chiamati: ecco perché credo sia necessario un provvedimento ad hoc per sostenere (anche) questa categoria di lavoratori.
    Per quanto riguarda il nuovo decreto c.d. “Cura Italia”, siamo ancora in attesa della pubblicazione della versione ufficiale. Al momento, stando alle sintesi pubblicate sui quotidiani, non pare ci siano misure specifiche per i lavoratori a chiamata, purtroppo. Dopo la pubblicazione ufficiale cercherò di scrivere un commento più approfondito.

  3. Salve son un dipendente di un albergo a Milano che purtroppo ha chiuso io ho un contratto da intermittente a chiamata vorrei sapere se possibile avere qualcosa se lo Stato potrebbe aiutarmi?
    La mia email è alby_adam_89@hotmail.it

  4. Salve sono indipendente di una pizzeria io ho un contratto a chiamata purtroppo da questo mese doveva mettermi fissa ma per il problema di corona virus non mi ha piu assunta mi ha rinnovato il contratto a chiamata ancora per un mese vorrei sapere se io ho il diritto o lo stato mi possono aiutare? Grazie aspetto una sua risposta questo è mio mail. Cristina. Boaca79@gamail.com

  5. Buongiorno,
    dal momento che non è la prima persona a porre questa domanda, rispondo qui per tutti.
    Al momento, per i lavoratori con contratto a chiamata (salvo il caso in cui sia stabilito nel contratto un minimo garantito di prestazioni mensili), non sono previste purtroppo tutele specifiche: rientrano verosimilmente nel novero dei lavoratori per i quali è previsto uno stanziamento complessivo di 300 milioni di Euro per un “assegno di ultima istanza” del quale, allo stato, non si conoscono né destinatari precisi né modalità per l’accesso, né importo.
    C’è da sperare che, individuato questo specifico “buco”, il governo ci metta una pezza prevedendo una qualche misura di sostegno, magari nel decreto annunciato per aprile.

  6. Che sia la volta buona per smetterla con questi contratti a chiamata? Io ho iniziato a lavorare qualche sera in pizzeria essendo studente e ora faccio più di 20 ore settimanali.
    Marzo e Aprile prevedo di vivere con 0 e dico 0 euro, in quanto il tirocinio che faccio durante il giorno mi è stato sospeso e ovviamente la sera a chiamata non si lavora.
    Avendo, la pizzeria, un debito con me di quasi 1000 euro mi sono ripromesso di non presentarmi più una volta che questa riaprirà. Comodo avere dei contratti che tutelino soltanto la loro posizione autorizzando di fatto un lavoro in nero.
    Purtroppo capisco che per molti potrebbe essere l’unica fonte di entrata, ma questi contratti vanno aboliti anche per la forma con la quale vengono utilizzati, segnando ore false, false retribuzioni ecc.

  7. Caro Andrea, non dirlo a me. Avevo un lavoro a tempo indeterminato ma purtroppo il mio titolare si è visto costretto a licenziami perché non poteva più tenere due impiegate, troppe spese ….
    Adesso ho contratto a chiamata, determinato e udite udite ho 48 anni. E devo pure essere felice di aver trovato velocemente un altro lavoro ( tramite conoscenze, tra l’altro) perché alla mia età è davvero difficile trovare un impiego.
    Eh già, sono felice che grazie al nostro sistema di cacca questo mese non prenderò neanche un euro.
    Ti auguro tutto il meglio.
    Silvia

  8. Ciao Silvia, sono tutte balle. Non è vero che non riescono a pagare o a mantenere un contratto, utilizzano questa truffa legalizzata per poter pagare di meno. Il problema è che nella mentalità delle persone impreditore=ricco, invece devono capire che l’imprenditore può fare anche una vita normale se i suoi guadagno sono pari a quelli dell’operaio. Il contratto a chiamata permette soltanto all’imprenditore di risparmiare dei soldi che servono a mantenere un certo stile di vita.
    Troppo facile avere l’auto, la macchina bella e l’iphone e poi dire che un lavoratore gli costerebbe troppo e dare la colpa allo stato.
    Mi sto specializzando in Diritto del lavoro (Tirocinio compreso) e ti assicuro che il 90 % di questi contratti potrebbero essere tramutati in contartti normali se solo non si volesse frodare.
    Buona fortuna anche a te, io nel mentre non so come fare a pagare tutto in questi 2 mesi e oltre)

  9. Ben detto Andrea!
    Io mi auguro che l’incazzatura generale che sta montando in questi mesi difficili si traduca poi, quando si tornerà alla normalità, in consapevolezza e determinazione nel far valere i propri diritti e, soprattutto, nel pretenderne di più.

  10. Slave,
    sto cercando di informarmi in merito alla trasparenza etica e legale circa le regole di utilizzo dello strumento FIS da parte delle ditte sui propri dipendenti. un amico me lo ha chiesto. Questa persona lavora in una ditta srl italiana, una ditta composta e ricomposta più volte, non piccola, che è ricorsa al FIS a seguito di un calo del lavoro dovuto al coronavirus. L’azienda ha proposto (imposto) da prima ferie e permessi da far utilizzare ai dipendenti, dopodichè, a detta dei sindacati stessi senza nessun accordo tra le parti, così dall’oggi al domani ha deciso di ricorrere allo strumento FIS. I dipendenti sono stati decurtati di molto dell’orario lavorativo quindi, dopo avere speso pure ferie e permessi che ad oggi non è possibile capire se possono essere restituiti nel monte ore. I dipendenti in fis NON sono ovviamente TUTTI, l azienda a detta dei sindacati stessi, decide l’orario ridotto per ogni reparto, ma alcuni caporeparto (seppure il lavoro sia calato per tutti) si sono lasciati le 40 ore settimanali piene. L’orario di lavoro viene comunicato il venerdi, così che nessuno fino all’ultimo possa capire bene la sorte che gli spetta la settimana dopo. Chi va a lavoro per le poche ore decise dai vertici che si sono lasciati stipendio pieno, in genere sgobba come un somaro, perchè le ore decurtate sono tantissime (si lavora pagati per intero circa 10/12 ore settimanali su 40). Chi è stato decurtato delle ore ovviamente è il dipendente ad un terzo livello, quello semplice, che prende meno di mezza busta paga del caporeparto anche in condizioni normali. I sindacati dicono che ogni contrattazione è inutile, l azienda sembra rispondere Decidiamo Noi. Vorrei poter parlare con qualcuno competente in merito. Queste persone, a mio avviso, le stanno prendendo per il c…grazie mille.

  11. Buongiorno,
    in linea di massima la riduzione di orario (CIG o FIS) dovrebbe essere applicata secondo il principio di rotazione e di equità, salve comprovate esigenze tecnico-produttive o organizzative. In mancanza di un accordo sindacale, è un po’ più semplice per il lavoratore che ritenga di essere stato discriminato nella riduzione dell’orario far valere il proprio diritto.
    Se lo ritiene, può dire al suo amico di contattarmi per e-mail o anche per telefono. I mie contatti sono:
    e-mail: villari@gaslex.it
    telefono (in questo periodo di isolamento forzato): 351 8793379

  12. ho lavorato come co.co.co. in un callcenter fino al 10 marzo ed ho un contratto in scadenza il 30/072020, poi da quella data hanno dato la possibilità a tutti ,circa 400, di lavorare a casa in smartworking.Purtroppo dove risiedo io non ho adsl e quindi sono tre mesi che non lavoro e l’azienda non mi sta pagando….egiust

  13. Mi perdoni il ritardo nella risposta. Non è certamente giusto, ma per stabilire se sia almeno formalmente legittimo occorrerebbe innanzitutto vedere il suo contratto. In linea generale, il “diritto al lavoro a distanza” può considerarsi stabilito entro certi limiti per i lavoratori dipendenti , e si potrebbe sostenere che questo diritto spetti per analogia, sempre nei medesimi limiti, anche per i collaboratori coordinati e continuativi. Ma il diritto è comunque subordinato alla possibilità materiale di svolgere la prestazione a distanza: andrebbe perciò anche capito se sia materialmente possibile o meno, nel suo caso – e a quale costo – creare l’infrastruttura necessaria a consentire lo smart working.
    Se volesse approfondire, può scrivermi privatamente all’indirizzo di studio: villari@gaslex.it

  14. Buongiorno a tutti. Spero che qualcuno di voi sia stato più “smart” di me e sia già riuscito a fare domanda per i famosi 600 euro.
    Io ho scoperto ieri che accedendo al sito dell’Inps (con codice fiscale e PIN dispositivo) e cercando BONUS 600 EURO si può trovare la scheda per la richiesta del bonus anche per noi intermittenti.
    La prestazione si chiama Indennità COVID-19 ed è sufficiente inserire un recapito telefonico e la mail per richiedere il bonus per i mesi di marzo, aprile e maggio.
    Ora aspetto con ansia la conferma … e auguro a tutti di poter ricevere presto questo aiuto per il quale ormai stavo perdendo ogni speranza.
    Silvia

  15. Buongiorno Avvocato,

    Posso fare una domanda? E’ possibile modificare la data di assunzione relativa ad un contratto intermittente lavoratore stagionale del turismo? Nello specifico: contratto intermittente dal 15/03/2020 al 31/05/2020, poi in questi giorni prorogato al 31/08/2020. A fronte di questo contratto sono stati emessi due cedolini (buste paga) a zero per il mese di Marzo e Aprile (in quanto non è stato lavorato nemmeno un giorno). E’ stata lavorata una giornata a maggio e diverse giornate a Giugno.
    Grazie per la gentile risposta.

  16. Buongiorno,
    conviene che mi mandi copia della documentazione via mail, in modo che possa esaminarla e risponderle con cognizione di causa.
    Cordiali saluti

  17. Gentile utente,
    con riferimento alla sua richiesta con numero di protocollo INPS.CCBFF.29/05/2020.1777879 del 29/05/2020 09:38:02,

    le comunichiamo quanto segue:

    la domanda di cassa integrazione viene presentata dal datore di lavoro e non dal lavoratore. Per quanto concerne la domanda di BONUS COVID 600 euro, ho visto che ha già presentato la richiesta. Dovrà solo attendere che la direzione centrale elabori. La domanda di cassa integrazione è stata fatta con richiesta del pagamento “a conguaglio” vale a dire che pagherà direttamente il datore di lavoro…..Questo è quanto mi ha scritto l’Inps ..premetto che sono dipendente con contratto a chiamata e che ad oggi non ho visto un euro e che il datore di lavoro nega ciò. Come mi comporto? In data 23febbraio ero in forza lavoro e che lavoro per la stessa azienda di Ristorazione da 3anni .Se INPS avendo tutto su di me mi dice ciò a chi credo? Cinzia da prov. di Mo.Grazie se mi risponde perché non sono l’unica dell’azienda ad avere sto problema. Tra l’altro la busta paga di marzo aveva le ore segnate in cig …ma non retribuite .

  18. Gentile utente,
    con riferimento alla sua richiesta con numero di protocollo INPS.CCBFF.29/05/2020.1777879 del 29/05/2020 09:38:02,

    le comunichiamo quanto segue:

    la domanda di cassa integrazione viene presentata dal datore di lavoro e non dal lavoratore. Per quanto concerne la domanda di BONUS COVID 600 euro, ho visto che ha già presentato la richiesta. Dovrà solo attendere che la direzione centrale elabori. La domanda di cassa integrazione è stata fatta con richiesta del pagamento “a conguaglio” vale a dire che pagherà direttamente il datore di lavoro…..Questo è quanto mi ha scritto l’Inps ..premetto che sono dipendente con contratto a chiamata e che ad oggi non ho visto un euro e che il datore di lavoro nega ciò. Come mi comporto? In data 23febbraio ero in forza lavoro e che lavoro per la stessa azienda di Ristorazione da 3anni .Se INPS avendo tutto su di me mi dice ciò a chi credo? Cinzia da prov. di Mo.Grazie se mi risponde perché non sono l’unica dell’azienda ad avere sto problema. Tra l’altro la busta paga di marzo aveva le ore segnate in cig …ma non retribuite .

  19. Buongiorno Cinzia,
    se vuole può inviarmi la documentazione via mail (villari@gaslex.it) in modo che possa esaminarla. In alternativa può convenire rivolgersi a un patronato o a un legale specializzato in Diritto del lavoro nella sua zona.
    Cordiali saluti

  20. Salve. Io vorrei capire le differenze tra un contratto intermittente e uno a prestazione occasionale. Credevo fossero la stessa cosa ma forse non è così. Ad ogni modo io li ho entrambi e, l’azienda.col contratto intermittente mi ha ridotto l’orario, l’altra mi fa stare a casa un mese. Chi può chiedere la cassa?

  21. Io sono IORIO e lavoro a tempo indeterminato con la sis come ausiliario del traffico e sto con contratto a tempo indeterminato sono stato in cassa integrazione x nove settimane prima della cassa mi hanno messo in ferie poi con la cassa ed ora ad oggi sto centocinquanta ore di ferie in meno xche finita la cassa mi hanno pagato con le ferie che poi decurtato dalla liquidazione.e tengo a precisare che i parcheggi dove abito io a barano d ischia sono attivi e non mi fanno lavorare e mi tengono in ferie che poi mi decurtano dalla liqiudazione lo possono fare?

  22. Un contratto di lavoro intermittente instaura un rapporto di lavoro subordinato in cui il tempo della prestazione è stabilito dal datore di lavoro (“a chiamata”) e non è continuativo. Per le ore di lavoro effettuate deve essere riconosciuto il trattamento retributivo e normativo previsto dal CCNL applicato al rapporto.
    Il contratto per prestazione occasionale è una forma di lavoro (almeno formalmente) autonomo, ma non continuativo e di breve durata.
    La cassa integrazione certamente non è prevista per i lavoratori occasionali, mentre per gli intermittenti è riconosciuta solo se erano effettivamente in servizio al momento della riduzione dell’attività; diversamente possono accedere al bonus di 600 Euro.

  23. Per Domenico:
    l’utilizzo delle ferie nel periodo di chiusura o riduzione di attività per Covid è proprio quello che criticavo qui. Per un parere specifico sulla sua situazione però dovrebbe sottoporre tutta la documentazione che la riguarda a un legale specializzato in Diritto del lavoro attivo nella sua zona.

  24. Salve,io ho lavorato con un contratto intermittente a tempo indeterminato l’azienda non mi chiamano più al lavoro da 6 mesi mi hanno chiesto di dimettermi perche loro non vogliono licenziarmi perché devono pagare ticket per la naspi ma se io mi dimetto perdo diritto a disoccupazione sono senza alcun indennizzo da 6 mesi ho fatto domanda
    per bonus intermittenti e stata respinta per motivi di aver avuto troppi giorni lavorativi senza discontinuità eravamo 2 dipendenti a quella altra la chiamano da quando hanno riaperto ma a me no cosa posso fare come posso risolvere questa situazione sto cercando altro lavoro ma non ho trovato niente sono senza stipendio senza disoccupazione perche loro pensano solo a loro a non pagare non gli importa che io ho 2 bambini da crescere un affitto da pagare non so cosa fare mi viene da piangere .grazie aspetto la sua risposta

  25. Buongiorno,
    il riferimento alla domanda di bonus respinta per “aver avuto troppi giorni lavorativi senza discontinuità” mi fa sorgere il sospetto che il rapporto di lavoro, formalmente intermittente, in realtà intermittente non fosse affatto. In questo caso si potrebbe pensare di aprire un contenzioso per il riconoscimento della natura ordinaria e non intermittente del rapporto, con tutte le conseguenze (anche in tema di diritto alla ripresa del servizio).
    In ogni caso consiglio di rivolgersi a un legale specializzato in Diritto del lavoro: io opero soprattutto a Milano e dintorni, ma se ritiene può inviarmi via mail almeno il contratto per un primo esame.

  26. Salve. Io avrei una curiosità, riguardo il contratto a intermittenza, che mi sembra essere molto confuso. Se la chiamata di lavoro è stata già effettuata per un mese e l’azienda, decide all’improvvisoo di lasciarti a casa, può farlo? Mi sembra assurdo che i lavoratori intermittenti non abbiano alcun tipo di tutela

  27. Salve!
    Sono Marilia,ho un contratto di lavoro per tempo indeterminato e lavoro in una casa di riposo come badante e non posso entrare a causa del coronavirus.
    Sono stata assunta dal amministratore di sostegno della signora di cui lavoro ,anche se non posso lavorare quale sono i miei diritti.
    Saluti!

  28. @Anna: dipende con quale motivazione il datore di lavoro decide di lasciarti a casa. Scrivimi una mail con i dettagli e magari allegando la documentazione, oppure chiama in studio (02 541798) e approfondiamo.

    @Marilia: così mi mancano un po’ troppi dettagli per rispondere. Se vuoi scrivimi una mail con i dettagli e magari allegando la documentazione, oppure chiama in studio (02 541798) e approfondiamo.

  29. Buonasera Avv.ssa
    Sono stata assunta presso un negozio a metà gennaio 2020 con un contatto intermittente a tempo indeterminato.
    Ho lavorato la metà di gennaio e poi tutto febbraio poi con il lockdown non mi hanno più chiamata.
    Non ho potuto prendere l indennità perché non avevo raggiunto i 30 giorni ( dal 1 gen 2019 al 31 gennaio 2020)
    Quando poi c’è stata la riapertura mi hanno chiamata ma pochissimi giorni e due settimane fa in un giorno di lavoro mi hanno mandata a casa deciso sul momento perché non c’ era gente che entrava al negozio.
    Non l ho trovato corretto e le volevo chiedere se questa cosa la potevano fare.
    Dato che oramai con questa nuova chiusura non mi chiameranno più cosa posso fare, mi dovrei licenziare e chiedere la naspi?
    Mi spetterebbe?
    grazie in anticipo

  30. Buonasera (sono un avvocato, non un’avvocatessa),
    quanto al mandarla a casa lì per lì per assenza di lavoro, certamente non potevano farlo – o meglio, devono comunque retribuirle l’intera giornata di lavoro.
    Se fosse lei a dare le dimissioni, non potrebbe accedere alla Naspi (che comunque, in relazione al periodo lavorato, sarebbe ben poca cosa).
    Per verificare se abbia diritto a qualche altra forma di sussidio, conviene in ogni caso rivolgersi a un patronato.

  31. Ciao, avrei bisogno di chiedere un parere.
    Ho un contratto a tempo determinato e a causa della scorsa normativa uscita il 25 di ottobre, mi hanno lasciata a casa ma senza licenziarmi e senza mettermi in cassa integrazione.
    Secondo i miei titolari chi è stato assunto dopo il 13 luglio non ha diritto alla cassa integrazione. A me sembra una assurdità! Quindi mi chiedo come sia possibile essere in regola con un contratto a tempo determinato e essere lasciati a casa senza esser licenziati. È possibile tutto ciò?

  32. Salve avvocato.
    Il mondo dei contratti intermittenti sembra essere oscuro e immenso. E più che altro non riesco a trovare qualcuno che sappia davvero fornirmi delucidazioni a riguardo. Per la seconda volta mi è stato annullato il lavoro, per altre tre settimane! Io trovo ingiusto l’uso e consumo del lavoratore in questo modo. La chiamata era già stata effettuata per tutti i weekend del mese di novembre ma l’attività resterà chiusa proprio nei weekend e non vogliono spostarmi durante la settimana. Io non ho diritto a nessun tipo di rimborso?

  33. Buonasera avvocato,mi sono imbattuta nel suo sito e siccome ho una cosa che mi rode da matti vorrei un suo parere.io lavoro in un osteria / tabacchi/ alimentari con la qualifica di secondo cuoco con contratto a tempo indeterminato, il 1 novembre la mia titolare ha assunto a chiamata una ragazza che l’anno scorso lavorava li è poi si era licenziata, la questione è questa: io vengo chiamata con orario a piacimento della mia titolare(il mio contratto è di 4 ore dalle 11,00 alle 15,00) a volte alle 11 30 a volte alle 12 00 per fare 1ora/2 perché quello che facevo io ora lo fa lei,mi manda a casa quando lo decide lei è poi il pomeriggio dalle 15 00 alle 18,00 che chiudiamo fa venire questa ragazza,premetto che la stessa segue il bar e gli alimentari però è una cosa che quando gli ha fatto comodo ha fatto fare anche a me e sempre alla stessa ha fatto fare cose riguardante la cucina,della serie tutti facciamo tutto e sinceramente é diventato un guazzabuglio, io vorrei sapere se la mia titolare può fare tutto questo ,sono molto delusa e arrabbiata, non sapendo però cosa dice la legge non posso neppure intavolare una discussione,non voglio fare figuracce,ho provato a chiamare i sindacati ma x avere un appuntamento ci vogliono tempi biblici,spero che lei mi possa dare una risposta in merito,ne ho veramente bisogno anche x un fatto morale,la ringrazio anticipatamente

  34. Mi scuso per non aver risposto prima agli ultimi tre commenti.
    Per poter dare pareri su questioni specifiche, è necessario in generale poter visionare i documenti (contratti, comunicazioni del datore, etc.): è indispensabile perciò che mi scriviate tramite mail, o mediante il form nel sito o direttamente all’indirizzo villari@gaslex.it. In alternativa potete anche telefonarmi al numero 351 8793379, dal lunedì al venerdì in orario d’ufficio (approssimativamente 9-19).

  35. Buongiorno Avvocato,

    Le chiedo gentilmente una informazione che riguarda la domanda di indennità omnicomprensiva 1.000 euro per i lavoratori intermittenti in base all’ art. 15 comma 3 DL 137/2020, fatta da mia figlia.
    La circolare Inps nr. 137 del 26.11.2020 riporta:
    ” Il medesimo articolo 15, comma 3, alla lettera b) prevede il riconoscimento di un’indennità
    onnicomprensiva di importo complessivo pari a 1.000 euro a favore dei lavoratori intermittenti,
    di cui agli articoli da 13 a 18 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, che abbiano svolto
    la prestazione lavorativa – nell’ambito di uno o più contratti di tipo intermittente – per almeno
    trenta giornate nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data del 29 ottobre 2020, di
    entrata in vigore del decreto Ristori.”
    Mia figlia ha lavorato come intermittente presso uno stabilimento balneare dal 15 Marzo 2020 al 30 Settembre 2020 per 64 giornate. In data 17 dicembre ha presentato la domanda per l’indennità in oggetto ma le è stata respinta con le seguenti motivazioni:
    “La sua domanda non può essere accolta poiché, dai dati attualmente in possesso dell’Istituto, lei non risulta avere almeno 30 giorni riferiti a uno o più rapporti di lavoro intermittente nell’intervallo di date previsto dalla normativa di riferimento”
    Ora, nella sua posizione annuale da lavoro dipendente (che si estrae proprio dal sito Inps), risultano 64 Giornate Retribuite. Quindi non capisco perché ad Inps non risultino le 30 giornate.
    Ho chiamato il call center, ma ovviamente l’operatore non ha saputo darmi risposta.

    Secondo lei, abbiamo sbagliato noi ad interpretare il testo della circolare? Potrebbe essere che mia figlia dovesse risultare intermittente anche nell’anno 2019?

    Attento sua gentile risposta.

    Grazie,

    Paola

  36. Buonasera Paola,
    da quanto scrive, mi pare che sua figlia abbia diritto a percepire l’indennità. Le consiglio di impugnare il provvedimento dell’INPS, magari attraverso un patronato.

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