Di carta e di celluloide – ottobre 2014

Guardiani Orfani

A dire il vero, molta celluloide e poca carta il mese scorso – e quella poca tutta a fumetti – è pur sempre letteratura.

FILM

Lucy (Luc Besson) * *

Scarlett “caviglie perfette” Johansson, costretta a fare da corriere internazionale di una nuova droga potentissima, finisce per assumerne involontariamente una quantità enorme, che ampliando gradualmente fino al 100% l’utilizzo delle potenzialità del cervello, le conferisce poteri paranormali. L’idea è stronza, a partire dalla bufala sul cervello umano che sarebbe utilizzato normalmente solo al 10% del suo potenziale; la realizzazione è completamente senza senso, al punto che la domanda spontanea è: perché? Però Scarlett in versione supereroe è incantevole e le immagini, specialmente sullo schermo 4k del Colosseo, spettacolari: fosse stata Jasmine Trinca la protagonista, avrei dato una sola stelletta.

Sin City – Una donna per cui uccidere (Robert Rodriguez, Frank Miller) * * *

Il primo Sin City mi era piaciuto moltissimo; il secondo, a distanza di nove anni, paga l’assenza di novità nella messa in scena e negli effetti, un cast meno interessante (con l’eccezione di Eva Green) – con tutto l’affetto per Cristopher Meloni, né lui né Josh Brolin valgono Benicio Del Toro e Bruce Willis – e soprattutto una sceneggiatura deludentemente piatta. Non è che sia fatto male, per carità, ma è proprio un film di genere classico con qualche scena un po’ fumettosa, mentre il primo oltre al sangue sprizzava vero umorismo e dialoghi memorabili: tre stellette un po’ generose.

La trattativa (Sabina Guzzanti) * * * *

Brava Sabina! La trattativa è un documentario indispensabile per comprendere gli ultimi decenni di storia italiana. Ma è anche un film riuscito anche dal punto di vista strettamente cinematografico, specialmente sotto l’aspetto della messa in scena: la scelta di sfumare il confine tra autori/attori e personaggi non sarà forse inedita, ma in questo caso serve a portare avanti con molta coerenza un discorso importante, e condivisibile, sul rapporto tra arte e impegno sociale. Difficile, anche se il confronto viene immediato, il paragone con La mafia uccide solo d’estate, il film di Pif dello scorso anno che raccontava in parte le stesse vicende, ma riprendendole dal basso: più godibile probabilmente, ma anche più “facile”, alla fine preferisco la Guzzanti.

I due volti di gennaio (Hossein Amini) * * * *

Secondo Martina è un film scolastico, pieno di trovate già viste e già sentite. Oh, a me invece è piaciuto: sarà che ho visto e sentito troppo poco e sono ancora praticamente a scuola. Nonostante alcune ingenuità, I due volti di gennaio è un thriller marcatamente e volutamente hitchcockiano, a partire dall’ambientazione affascinante nel Mediterraneo orientale degli anni Sessanta, così come nella costruzione della suspance, che in molte scene è davvero efficace. Fantastico il cast, con il terzetto Viggo Mortensen-Kirsten Dunst-Oscar Isaac praticamente perfetto. Rimane solo una domanda: che cosa c’entra gennaio? Scopritelo da soli.

Tutto può cambiare (John Carney) * * * *

Che ci posso fare, a me i film musicali piacciono. Questo poi è proprio delizioso, una summa di sogni di rivalsa tardo-adolescenziali universali: c’è la giovane artista incompresa e maltrattata dalla rock star arrogante e bastarda, l’amico sfigato ma simpatico e a suo modo geniale, il produttore fallito che però ha ancora una scintilla di talento da regalare. Con queste sole informazioni anche chi non l’ha visto può dedurre con una certa precisione la trama del film, dall’inizio alla fine; e però anche le ingenuità si perdonano perché la storia coinvolge, la musica, specie quella originale, a tratti mette i brividi, e qua e là non mancano raffinatezze di regia e messa in scena. Ottimo il cast, con Keira Knightley che ha pure una bella voce, l’odioso Adam Levine calzante nella parte della rock star odiosa, Mark Ruffalo credibilissimo anche senza essere verde e mostruoso.

I guardiani della galassia (James Gunn) * * * * *

Ed eccoci al miglior film visto in ottobre, e forse in tutto il 2014. I guardiani della galassia è come Mary Poppins: praticamente perfetto sotto ogni aspetto. Spettacolare come dev’essere un film di supereroi, ma tutt’altro che pacchiano, nonostante tra i protagonisti ci siano un albero alieno e un procione mutante; brillante nei dialoghi (sì, anche quelli a cui partecipa l’albero alieno), al livello – e non lo dico a cuor leggero – dei primi Star Wars; perfino delicato nella rappresentazione del dolore e della perdita, specialmente quando ad andarsene è chi si è sacrificato per noi. Ecco, forse ho messo a fuoco quel che intendo dire: I guardiani della galassia è un film profondamente umano, nonostante soltanto uno dei protagonisti lo sia (e neppure del tutto), nonostante sia ambientato in un’altra galassia, e nonostante rimanga pur sempre il cazzeggio di fondo. E il paragone con i primi Star Wars regge proprio per questo motivo: anche lì, il segreto del successo non erano le spade laser o la marcia imperiale, ma la capacità di connettersi ai sentimenti di centinaia di milioni di persone comuni. Scriverò qualcosa che farà storcere il naso a qualcuno: se il prossimo Guerre Stellari sarà realizzato al livello di questi Guardiani della galassia, sarà degno della prima trilogia.

LIBRI

Neonomicon (Alan Moore, Jacen Burrows) * * * *

Avrei potuto scegliere una lettura più adatta al viaggio in pullman da Milano a Roma e ritorno, per la manifestazione del 25 ottobre: ma la biblioteca dove avevo intenzione di recuperare Rivoluzionario di passaggio di Paco Ignacio Taibo II era chiusa per sciopero, e non trovandolo in nessuna libreria ho ripiegato su una delle ultime storie di Alan Moore che non avevo ancora letto. Gli scritti di Lovecraft sono citati anche nella saga della Lega degli straordinari gentlemen, specie nelle appendici, ma in questo Neonomicon sono protagonisti assoluti della riscrittura dell’immaginario fantastico da parte di Moore. Ne viene fuori una storia suggestiva e molto inquietante, che ha tra i suoi fili conduttori lo straordinario potere delle parole – la magia (o, se volete, la droga) più potente che esista. I disegni sono splendidi e hanno davvero la capacità di illustrare, anche con tecniche originali, le parole di cui sono ancelle.

Degno complemento di questa lettura, poche settimane dopo, è stata una partita ad Arkham Horror, terminata purtroppo tragicamente con il risveglio della Creatura e l’orrenda uccisione di tutti i giocatori.

Orfani (Roberto Recchioni, Emiliano Mammuccari) * * * * *

Non avrei mai pensato di inserire tra i libri un fumetto periodico, tanto meno un Bonelli. Eppure Orfani merita un’eccezione, anche per via della struttura furba in “stagioni”, ricalcate sulle serie televisive: 12 numeri mensili la prima, attualmente seguita dalla seconda stagione appena iniziata, Ringo. Ma il motivo principale è nel contenuto: una storia di fantascienza che, come ogni buona storia di fantascienza dovrebbe essere, è basata su una critica fondamentale alla nostra società, e non si limita a una “semplice” avventura. Orfani è la storia di quello che è successo sulla Terra dopo che una buona parte della popolazione è stata spazzata via da un’apocalisse nucleare: un governo autoritario ed estremamente repressivo ha preso il controllo del pianeta, e lo mantiene con ogni mezzo. A raccontarlo non è, come ci si aspetterebbe, qualcuno della Resistenza, ma un gruppo scelto di super-soldati dalle capacità sovrumane, gli Orfani appunto, addestrati fin da bambini proprio allo scopo di distruggere nemici esterni e interni. Le citazioni sono infinite – fin troppe, secondo i miei gusti – da Fanteria dello SpazioBattlestar Galactica, passando per decine di altri riferimenti, ma il risultato è originale, anche nel montaggio: la storia è divisa in un prima e un adesso intrecciati in modo che nell’ultimo numero della stagione il prima finisca dove iniziava l’adesso nel primo numero. Infine, disegni eccellenti e la scelta azzeccata di pubblicare a colori – e che colori! – e non nel solito bianco e nero.

So che l’uscita di questa testata ha generato molte polemiche tra gli aficionados dei fumetti, specie bonelliani: in effetti è una pubblicazione costosa (4,50€ ogni numero, che oltretutto si legge molto rapidamente) ed esce dalla tradizione dalla casa editrice. Però sticazzi.

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3 comments

  1. I Guardiani sono genio. Le interazioni tra Peter Quill e Rocket sono come se Han Solo fosse stato diviso in due, e poi si fosse data la sceneggiatura in mano a Leigh Brackett (a proposito di Guerre Stellari). L’idea della famiglia d’elezione è Joss Whedon, da Buffy a Firefly. L’unica pecca è che avrei voluto un po’ più di interazioni tra Gamora e Nebula, un po’ perché è un potenziale inesplorato e un po’ perché vorrei qualcosa di più per le donzelle che la scena della doccia di Chris Pratt (ormai l’eye candy maschile è una costante Marvel: e bravi, il sessismo è nel doppio standard, non nella pruderie).

    Orfani sembra molto interessante. Dovrò trovare il modo di farmene arrivare qualcuno.

    Io sono presa da tre fumetti geniali, al momento: “Sex Criminals”, “Ms Marvel” e “The Wicked + The Divine”. E qui partono i miei consigli di lettura…

    “Sex Criminals” è un inno alla sessualità e alla ribellione, ricorda i passi di 1984 sulla castità forzata come controllo del pensiero (idea che crescendo in Italia, beh, puoi immaginare chi mi ricorda). Esplicito sempre, e proprio per questo mai pruriginoso. Divertentissimo a tratti (un Trono di Spade fatto di dildi), drammaticissimo e perfetto. L’avvio della storia: Jon e Susie fermano il tempo quando hanno un orgasmo. Si incontrano. Si innamorano. Rapinano banche. Scritto da due uomini, femminista. Tecnicamente… beh, ha vinto un Eisner.

    “Ms Marvel” è l’ultima arrivata nell’Universo Marvel. Nata da un chiacchierata in cui la editor Sama Amanat ha raccontato a un collega della sua adolescenza, la raccolta cartacea dei primi cinque numeri è il terzo fumetto più venduto nella classifica del New York Times. L’avvio della storia: Kamala Khan ha sedici anni, è una “geek”, socialmente inetta (ma con un paio di amici fidati), intelligente, musulmana, figlia di immigrati pakistani a Jersey City, un fratello scansafatiche con la scusa della religione. Si trova dotata di superpoteri. Come li userà per il bene di tutti? Come concilierà il suo rapporto controverso (e le sfumature sono vere e problematiche) con le sue origini e una identità propria che non conosce del tutto (adolescenza all’ennesima potenza)? Da dove arrivano i poteri? E quell’enorme cane con poteri di teletrasporto che ispira tanta tenerezza? Il suo amico Bruno (italoamericano: più le cose cambiano…) e il suo fratello scansafatiche Vicky saranno un aiuto? Scritto da una donna, americana “bianca” e convertita all’Islam senza un’ombra di fondamentalismo ma con grande senso dell’umorismo (è possibile? Evidentemente). La tenerezza.

    “The Wicked + The Divine” ha dentro tutta Londra, tutto il problema di “chi sono io, che cosa lascerò di me dopo la mia morte, che cosa vuol dire creare e cosa vuol dire essere immortale, che cos’è l’ispirazione, quali sono i limiti della ragione e quali sono quelli del genio”. L’avvio della storia: ogni novanta anni, dodici divinità si incarnano in altrettanti adolescenti. Sono giovani, belli, adorati, compiono miracoli. In due anni sono tutti morti. E’ il 2014, a Londra, e sta capitando di nuovo. Gil dei sono rock star. La diciassettenne Laura è una devota, ma vuole di più: vuole essere una divinità, non importa il costo. Lucifero (una versione femminile e più pansessualmente perversa di David Bowie periodo Duca Bianco) ha un problema. Lucifero propone a Laura un patto. La giornalista Cassandra sta pagando i debiti del suo master in teologia, e osserva scettica. Una cosa leggera… beh, come le opere di Mozart e Da Ponte. “Profondissimo” non vuol dire “pesante”. Le battute sono folgoranti (Luci fa la parte della leonessa, ma confesso un amore per Cassandra, e Baal ha momenti notevoli); i personaggi hanno la solidità degli archetipi e l’originalità dell’essere stati analizzati con amore ma senza pietà. Il tratto sembra quasi banale, ma l’uso della griglia e della rottura è raffinatissimo. Primo volume, appena uscito: “The Faust Act”.

    (Ti ho fatto un post-nel-post. Scusa. Sto mettendo a posto il *mio* blog e invado il tuo…)

  2. Marta, sei la benvenuta e ti ringrazio per gli spunti. Gamora mi pare un personaggio ben sviluppato e tridimensionale, tutt’altro che una mera funzione della storia. Anche secondo me il suo rapporto con Nebula/Amy Pond è potenzialmente affascinante, ma in un film con *cinque* protagonisti è già abbastanza complicato rendere in modo efficace la rete di rapporti tra loro, esplorare a fondo le vicende collaterali avrebbe davvero appesantito troppo il tutto. Del resto il fascino sta anche nel lasciar intendere che ci sono anche altre storie, connesse a quella principale, che potrebbe valer la pena raccontare: sarebbe interessante scoprire se nei fumetti, ad esempio, è stato fatto.

    Muriel, grazie. Non c’è che dire, è molto figo sotto ogni aspetto. Anche la spada laser con l’impugnatura medievale laser (che mi chiedo che utilità possa avere in battaglia, probabilmente nessuna) fa la sua scena. A me pare che questo nuovo corso di Guerre Stellari nasca su buone fondamenta: non rimane che aspettare, con l’acquolina in bocca…

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