Fenomenologia del tormentone


Jasmine-Trinca

Dando un’occhiata ai post più recenti, mi sono reso conto di aver completamente trascurato, negli ultimi tempi, quegli approfondimenti teorici su argomenti assolutamente futili che so essere apprezzati da qualcuno dei miei (pochi) lettori. Approfitto perciò del clima festivo, oltre che di una recente conversazione sull’argomento, per riprendere questo filone e iniziare una riflessione su un tema che mi è particolarmente caro: i tormentoni.

Piuttosto riduttivamente e impropriamente, il termine “tormentone” è di solito associato nei servizi di costume dei telegiornali alle canzonette in voga d’estate: ogni anno in giugno scatta puntuale la ricerca del “tormentone estivo”, che verrà trasmesso ancora e ancora in radio e in televisione, mentre settembre è il mese della retrospettiva dell’estate appena trascorsa, per definire una volta per tutte quale sia stato l’autentico tormentone della stagione. Sembra così che la principale, se non unica, caratteristica del tormentone sia la frequenza con cui viene ripetuto.

Non è così. Dall’esperienza individuale di ciascuno si possono trarre al contrario gli elementi fondamentali e distintivi del “tormentone”, che lo differenziano da categorie prossime ma non coincidenti: il modo di dire, l’intercalare, il cavallo di battaglia, etc..

Innanzitutto, è bene sottolineare che qualsiasi espressione verbale può costituire un tormentone: una frase, una citazione, una canzone, etc.: lo è effettivamente in presenza di alcune caratteristiche essenziali:

L’utilizzo all’interno di una cerchia ristretta. Se tutti in un certo luogo e un certo momento ripetono la stessa espressione, non può parlarsi di tormentone, ma piuttosto di un modo di dire, o una moda. Riprendendo l’esempio della canzonetta dell’estate, non siamo di fronte a un tormentone, nel senso scientifico del termine, se tutti la ascoltano o la canticchiano (come la bella canzone di una volta); ma se la stessa canzone viene ripetuta in una cerchia ristretta, dopo che è passata di moda e per ragioni che non hanno strettamente a che vedere con il gusto musicale, allora è probabile che in quel gruppo di persone sia considerata un tormentone. Il limite numerico minimo è di due individui: al di sotto, è schizofrenia. È evidente, peraltro, che è tanto più facile che sorgano tormentoni quanto maggiore è la confidenza tra individui: appartamenti in condivisione, collegi studenteschi, amicizie di lunga data, relazioni sentimentali consolidate sono le incubatrici ideali dei tormentoni.

Un significato meta-letterale. La cerchia ristretta che utilizza l’espressione come tormentone le darà fin dall’inizio un significato che prescinde, in tutto o in parte, da quello consueto, letterale o metaforico. In altre parole, il tormentone consiste nell’abuso di un’espressione, ossia nel suo consapevole utilizzo fuori dal contesto normale. Un caso particolare è rappresentato da espressioni che letteralmente non significano nulla, magari originate da errori cristallizzati: anche in questo caso in effetti vi è un utilizzo al di fuori dalla norma, entro la quale tali espressioni non esisterebbero affatto.

Un’origine ben definita. Tutti i tormentoni hanno un inizio, e le persone che li utilizzano ricordano piuttosto precisamente le circostanze in cui sono nati. Non solo: normalmente raccontare le origini del tormentone (la tormentone-poiesi) è uno dei principali strumenti grazie al quale la cerchia di coloro che lo comprendono e lo utilizzano si allarga. Le origini possono essere le più varie, e l’aspetto interessante è che nella gran parte dei casi (per la verità non mi vengono in mente eccezione) al momento della loro nascita i tormentoni non sono ancora tormentoni: lo divengono attraverso un processo di selezione naturale.

La ripetizione. Ovviamente questa selezione consiste nell’uso ripetuto che all’interno di una data cerchia viene fatto della stessa espressione, una volta avvenuta la traslazione dal senso originale a quello del tormentone. Alcuni si perdono per strada, molti resistono, potenzialmente fino a quando la comunità che li utilizza permane. In effetti, è proprio questa la distinzione principale, che spesso può essere compiuta soltanto a posteriori, tra una semplice moda e un tormentone: la moda è intrinsecamente transitoria, anche quando appartiene a un gruppo ristretto; un tormentone è per sempre.

La discussione a questo punto è aperta: ciascuno potrà verificare da solo se quelli che è abituato a considerare tormentoni sono veramente tali, se gli elementi distintivi sopra elencati vadano in qualche modo integrati o ulteriormente precisati. Ciascuno, infine, potrà crearsi il proprio “vocabolario dei tormentoni”, in cui raccogliere tutte le espressioni che nella sua cerchia sono utilizzate in questa forma. E perché no, un giorno (per alcuni non troppo lontano) potrebbe compiersi il miracolo di un mosaico di tormentoni che coprano per intero le proprie esigenze espressive.

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