Il Presidente dello Stato libero di Bananas


Marini Bananas 2

 

Le vicende politiche italiane si sviluppano ultimamente come la trama di una soap opera: non importa quante puntate perdi, dove si vada a parare è assolutamente chiaro e in qualsiasi momento riprendi a seguirle riprendi immediatamente il filo. Anzi, fare un passo indietro rispetto al concitato susseguirsi delle dichiarazioni per lo più di convenienza dei vari protagonisti è molto utile a distinguere la sostanza degli avvenimenti rispetto alla pessima recita in corso.

Da subito dopo le elezioni era evidente a chiunque avesse occhi per guardare che l’alleanza naturale per il Partito Democratico sarebbe stata con Berlusconi (oltre che con Monti, ça va sans dire), se solo non avesse corso il rischio, in questo modo, di sputtanarsi definitivamente con il suo ingenuo elettorato, in presenza di un competitor confusionario ma agguerrito come il Movimento 5 Stelle. Scrivevo in effetti, il 27 febbraio: “se poi comunque il PdL sarà coinvolto o meno in una “grande coalizione”, dipende da quanto peseranno i diktat dell’Europa “che conta”, di Napolitano, delle banche, rispetto alla prospettiva per il PD di dimezzare i propri consensi alle prossime elezioni“.

La tattica di Bersani, con il gentile aiuto di Napolitano, è stata l’unica possibile: cercare di scaricare su Grillo e i suoi la responsabilità per aver “costretto” il PD a cercare il consenso della destra pur di formare un governo, per poi effettivamente riproporre le larghe intese con il PdL nel nome della responsabilità nazionale.

Se ci pensate, è impressionante lo schieramento di forze che si è impegnato per la riuscita di questo piano: mentre l’intelligencija di sinistra sulle colonne di Repubblica lanciava improbabili appelli ai grillini perché dessero fiducia a un governo Bersani dal programma surreale (e in molti punti esattamente opposto al programma elettorale del PD), la stampa tutta, sempre guidata da Repubblica, puntava a screditare il M5S ridicolizzando i suoi esponenti, descrivendone l’inadeguatezza e la totale dipendenza dai burattinai Grillo e Casaleggio. Che parte di queste critiche fosse anche corretta non toglie che il tutto fosse semplicemente funzionale al piano di attacco “a tenaglia” solo apparentemente schizofrenico.

Le dimissioni di Napolitano hanno aggiunto quel senso di drammaticità e urgenza, il martirio dell’Eroe che prepara la strada alla salvezza del popolo, purché il popolo sappia sfruttare l’occasione e seguirla. La nomina dei “dieci saggi” aveva proprio lo scopo di chiarire meglio i confini di quella strada, tracciando il programma minimo del “governo che vorrei” (se fossi la troika, beninteso). Nel centinaio di pagine di fuffa prodotte dalle due commissioni, sono nascoste come tesori di geocaching i punti davvero imprescindibili che dovranno essere realizzati nel nome dell’Europa, delle banche e di Confindustria.

Al posto del GPS, per trovarli basta usare un motore di ricerca e selezionare, ad esempio, la parola “lavoro”: compare 68 volte nella relazione del gruppo “in materia economico-sociale ed europea“. Alla ventisettesima ricorrenza, si legge che

sarebbe utile riconsiderare le attuali regole restrittive nei confronti del lavoro a termine, almeno fino al consolidamento delle prospettive di crescita economica“.

Subito sotto (ventinovesima ricorrenza) il concetto viene ribadito e spiegato meglio, in modo che lo capiscano anche i non addetti ai lavori:

una diminuzione del costo del lavoro stimolerebbe la competitività e fornirebbe un impulso alla domanda interna“.

Come la definitiva precarizzazione del lavoro, con conseguente ulteriore abbattimento degli stipendi, possa rilanciare l’economia del Paese, ci pensano le restanti cento pagine a cercare di dimostrarlo. Quando, un paio di mesi fa, scrivevo “meglio lo stallo che un’altra riforma del lavoro che prosegua l’opera della Fornero“, non ero ubriaco, evidentemente.

Comunque, il piano è questo, e lo era fin dall’inizio. L’accordo con Berlusconi, oggi per l’elezione di Franco Marini a Presidente della Repubblica, domani per formare un governo, è perfettamente funzionale a perseguire l’unico obiettivo pensabile, e per la verità fin da subito dichiarato dal Partito Democratico: realizzare il programma della troika. Dati i risultati delle elezioni, per raggiungerlo non c’è che l’alleanza con il PdL in una riproposizione del governo Monti, costi quel che costi, e sia pure al prezzo di gettare definitivamente la maschera. Anche questo, in fondo, è un martirio, non semplicemente un suicidio (come invece molti ingenui elettori del centrosinistra vanno lamentosamente ripetendo in queste ore): che poi il fine di questo martirio sia il trionfo dell’ingiustizia sociale, e non la salvezza dell’umanità, è tutto un altro discorso.

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