Sfiduciamoli!

Allora Dio esiste!” avrà pensato il ministro Fornero quando ha saputo del terremoto in Emilia. E dire che Monti si era messo addirittura a parlare di calcioscommesse, pur di distrarre l’attenzione dalla discussione sulla riforma del lavoro in Senato.

Ecco quindi che, zitto zitto, il governo ha posto la fiducia sulla riforma, nella versione peggiorata uscita dalla Commissione Lavoro alcune settimane fa. E il Senato, come da copione, l’ha concessa col solo voto contrario di Italia dei Valori e Lega Nord. Per sicurezza, il testo votato è stato reso pressoché illeggibile, in modo da poter dichiarare pressoché impunemente qualsiasi cosa sul suo contenuto.

Nessuno confidava nel PDL e nei vari UDC e FLI. Purtroppo in molti, troppi, confidavano nella volontà e nella capacità del PD di salvare la situazione. Tra questi la CGIL di Susanna Camusso, che ancora oggi, invece di convocare immediatamente uno sciopero generale per fermare il Paese a oltranza, lancia “un appello alle forze politiche e al Parlamento affinché si valuti attentamente cosa si sta facendo“. Come se i 231 senatori che hanno votato questa riforma avessero schiacciato il pulsante a caso! O come se questa riforma fosse salvabile magari con qualche emendamento di facciata.

Diciamolo invece chiaramente: tutti i partiti che sostengono il governo e hanno votato la riforma del lavoro sono nemici dei lavoratori e come tali vanno trattati dalle organizzazioni che rappresentano i lavoratori. Chi vuole davvero difendere i lavoratori, oggi, non può e non deve considerare un interlocutore nessuno di questi partiti, a nessun livello e in nessuna occasione, altrimenti va considerato a sua volta complice di questa vera e propria aggressione: sfiduciamoli!

Che cosa hanno votato i 231 senatori infami? Cerchiamo di riassumerlo, almeno per quanto riguarda la parte relativa ai rapporti di lavoro, “per chi si mettesse all’ascolto soltanto adesso”:

LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI (ART. 18)

Per quelli discriminatori – peraltro pressoché impossibili da dimostrare – non cambia sostanzialmente nulla, di sicuro nulla in meglio.

Quelli disciplinari saranno sanzionati con la reintegrazione (oltre a un risarcimento non superiore a 12 mesi di stipendio, a prescindere dalla durata del processo) soltanto se il fatto non sussiste o se il CCNL o i codici disciplinari applicabili prevedono per il comportamento incriminato una sanzione conservativa (richiamo, multa, sospensione temporanea); negli altri casi, ad esempio per fatti di lieve entità che però non siano ricompresi dal CCNL o dai codici disciplinari, sarà possibile soltanto il risarcimento (fra i 12 e i 24 mesi di stipendio, dunque mediamente inferiore a quello oggi percepito dal lavoratore che scelga l’indennità economica al posto della reintegrazione – mai meno di 20 mensilità).

Quelli economici saranno sanzionati sempre con il solo risarcimento fra 12 e 24 mesi di stipendio, salvo che sia accertata la manifesta insussistenza della motivazione economica (eventualità più impossibile che rara, come si è affrettato a spiegare Monti).

Quelli privi di motivazione saranno sanzionati con il solo risarcimento fra 6 e 12 mesi di stipendio, salvo che il lavoratore riesca a dimostrare che in realtà il licenziamento era motivato da altre cause illegittime. Ecco che cosa il datore di lavoro minimamente furbo farebbe per licenziare un lavoratore che gli stia sulle palle per qualsiasi motivo:

DDLMF: da domani stai a casa

LCGSSP: perché?

DDLMF: non te lo dico.

LCGSSP: ma mi devi scrivere la motivazione!

DDLMF: se no che fai? mi fai causa?

LCGSSP: beh, sì! anzi guarda, lo impugno subito il licenziamento: “io sottoscritto bla bla bla, impugno il licenziamento intimato il giorno bla bla per …” per che cosa? dimmelo, così so se devo chiedere la reintegrazione o il risarcimento fino a 2 anni.

DDLMF: non sono mica nato ieri sera tardi, io non ti dico un cazzo, vallo tu a dimostrare che la motivazione è illegittima, mal che vada ti pagherò un anno di stipendio che è pur sempre la metà. Altro che reintegrazione!

Per i licenziamenti collettivi, la mancata comunicazione (obbligatoria) alle rappresentanze sindacali dell’intenzione di avviare procedure di mobilità potrà essere sanata con un accordo sindacale successivo e non sarà più causa di impugnazione e reintegrazione dei lavoratori coinvolti.

CONTRATTI A TERMINE E SOMMINISTRATI

– Possibilità di assumere a termine per 12 mesi senza causale: la precarietà perpetua diventerà la regola in tutti gli ambiti di impresa a bassa specializzazione, dove non occorre formare i dipendenti per un lungo periodo.

– Con accordo sindacale anche aziendale, possibilità di assumere sempre senza causale (indicando generici motivi organizzativi) fino al 6% dei lavoratori di ciascuna unità produttiva.

APPRENDISTATO

– Sarà possibile assumere fino a 3 apprendisti ogni 2 lavoratori formati (solo nelle aziende con meno di 10 dipendenti il rapporto rimarrà di 1:1, secondo il limite attuale) purché se ne siano stabilizzati il 50% (ma nel computo non contano quelli licenziati in prova!) nei 36 mesi precedenti; in mancanza di questo requisito sarà comunque possibile assumere un apprendista.

– L’effettivo adempimento degli obblighi di formazione, che danno diritto a uno sconto sui contributi e a una decurtazione dello stipendio fino al 60%, sarà autocertificato dal datore di lavoro. Eh già…

– Sarà possibile assumere apprendisti anche con contratto di somministrazione: precari e pure a stipendio ridotto!

CONTRATTI A PROGETTO

– Come già avviene oggi grazie all’interpretazione di buon senso della giurisprudenza, perché il contratto a progetto sia valido sarà necessario… un progetto: in mancanza il contratto si considererà (come oggi) di tipo subordinato.

Non è vero che viene stabilito un salario minimo per i collaboratori a progetto: come già dovrebbe avvenire oggi, i compensi dovrebbero essere commisurati alla qualità e quantità del lavoro svolto, con riferimento (anche) ai salari previsti dai CCNL per mansioni analoghe a quelle svolte dal collaboratore. Proprio come oggi, i datori di lavoro continueranno a fregarsene allegramente visto che nessuno li controllerà.

PARTITE IVA

Previsti requisiti stringenti (più di oggi) per dimostrare la subordinazione, tra cui un reddito annuo inferiore ai 18.000 Euro lordi.

Adesso il tutto passa alla Camera: se i terremoti continuano, c’è da temere che la riforma venga approvata definitivamente nel giro di un poche settimane. Non dubito che prima o poi si leverà un’incazzatura di massa contro questa disgrazia e chi l’ha approvata: prima sarà e meno durerà il massacro sociale. Per questo tutti gli attivisti di sinistra dovrebbero darsi da fare per organizzare ogni forma di protesta possibile, abbandonando anche
ogni cautela o timore reverenziale di fronte alle scelte catastrofiche della CGIL.

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8 comments

  1. la cgil deve sparire come sindacato, perchè tutto fa’ tranne che difendere i diritti dei lavoratori.

  2. Non so se la CGIL debba sparire, e in generale mi pare difficile che un sindacato con 4 milioni o giù di lì di iscritti “sparisca”. Quel che è certo è che, visto l’assurdo attendismo della CGIL, sono i lavoratori a dover prendere in mano la situazione e organizzarsi anche fuori dai sindacati tradizionali per difendere i propri diritti: lavoriamo perché siano in tanti a rendersi conto che *si può lottare*!

  3. Che ti devo dire ?
    Ho letto la riforma solo oggi e mi sono girate da far paura.
    la carognata più grossa è quella dei licenziamenti senza motivo, che premi anella italica maniera i furbetti a scapito di quegli imprenditori che giocano secondo le regole e motivano i licenziamenti.
    E poi, adesso che ci penso, ma non è ancora il padrone a dover provare la giusta causa ed il giustificato motivo ?
    E dove stracavolo è finito il diritto di difesa del lavoratore ?
    Se passa questa sciagurata riforma che diamine gli insegno ai ragazzi all’Università ?
    A questo punto alla prima causa che mi arriva faccio subito una questione di legittimità costituzionale, anche se, dopo la sentenza sul collegato lavoro, vatti a fidare anche della Consulta…

  4. Piove sul bagnato. Mi segnala l’amica Sandra che il 30 maggio è stato pubblicato un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (http://gazzette.comune.jesi.an.it/2012/125/1.htm) che abbassa, da 6.000 a 2.500 Euro, il tetto di retribuzione connessa a premi di produzione soggetto a tassazione ridotta al 10%. Già che c’è, abbassa, da 40.000 a 30.000 Euro annui, pure la soglia di reddito al di sotto della quale si può usufruire dell’agevolazione.
    Una bella fregatura per i non pochi lavoratori dal reddito modesto che hanno potuto contare negli scorsi anni su qualche centinaio di Euro in più – magari una rata di mutuo – e che adesso potrebbero dover addirittura restituire parte di quanto risparmiato.
    Altro che tecnici, qui siamo governati dallo Sceriffo di Nottingham!

  5. In sostanza cambia che non cambia un bel niente…i contratti a progetto continueranno ad esistere così come la precarietà…quali sono le novità positive di questa riforma? onestamente non ne vedo.
    Ma ribelliamoci, porca miseria! facciamo scoppiare la rivoluzione, andiamo a Montecitorio e a calci li mandiamo tutti a casa!
    come possiamo piegare la testa davanti a tutto questo? è chiaro che nessun sindacato difende i diritti dei lavoratori e allora noi lavoratori difendiamoci da soli…

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