Morti sul lavoro

La Federcalcio ha sospeso le partite in programma questo fine settimana in segno di lutto per la morte del calciatore Piermario Morosini, avvenuta ieri a Pescara nel corso di un incontro di Serie B. Una decisione giusta di fronte a un evento tragico e, forse, evitabile. L’Udinese, società che deteneva il cartellino del giocatore, ha dedicato sul suo sito pagine commosse al ricordo del ragazzo. Da ieri la vicenda occupa le prime pagine di giornali e telegiornali nazionali.

Quella di Morosini è una delle oltre 100 morti sul lavoro avvenute quest’anno in Italia: tra gli ultimi, il giorno prima del calciatore ha perso la vita un operaio schiacciato da una scavatrice in provincia di Bari. Ma è davvero difficile tenere il conto. Molte di queste tragedie sarebbero evitate se i controlli pubblici sulla sicurezza fossero aumentati invece che impoveriti e se venissero imposti (e fatti rispettare) limiti stringenti ai ritmi di lavoro, in tutti i settori.

Se ciascuna di queste morti avesse la stessa visibilità di quella del calciatore, stampa e televisione non dovrebbero parlare d’altro; se ogni volta le associazioni di categoria sospendessero le attività del settore, il Paese sarebbe costantemente fermo. Se i responsabili di questo massacro fossero sempre sotto i riflettori, esposti al biasimo collettivo e soprattutto a sanzioni davvero efficaci, forse incidenti sul lavoro come quello che ha colpito il povero Morosini sarebbero davvero eventi eccezionali, e non cronaca quotidiana.

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