La lezione della Lasme di Melfi

Coincidenze: proprio nei giorni in cui seguiamo la lotta, appena incominciata, dei lavoratori della Elnagh di Trivolzio, Google Alert attira la mia attenzione sulla conclusione della vicenda della Lasme 2 di Melfi, iniziata nell’estate del 2009. Cercando su questo sito potrete recuperare tutti i passaggi principali di quella lotta, anche attraverso lo sguardo di Anna, una delle operaie che alla fine persero il loro lavoro.

La riassumo in breve: da un giorno all’altro tutti i lavoratori si trovarono con in mano la lettera di licenziamento, perché il padrone aveva deciso di spostare tutta la produzione nello stabilimento di Chiavari. Venne subito organizzato un presidio per impedire al padrone di portare via dallo stabilimento i macchinari, vi fu una trattativa drammatica durante la quale gli operai salirono a più riprese sul tetto della fabbrica per strappare un accordo che consentisse a tutti i 172 dipendenti di conservare il posto di lavoro.

Per diversi mesi i lavoratori resistettero uniti, respingendo ogni proposta che non contemplasse il mantenimento del posto per tutti, non soltanto per alcuni. Alla fine la FIOM venne letteralmente estromessa dalla fabbrica, con una manovra ripugnante messa in atto dal padronato con la collaborazione delle istituzioni e degli altri sindacati, specialmente della UIL, e venne spezzato “a forza” il fronte dei lavoratori: una minoranza, circa 70, vennero assunti da una nuova società creata allo scopo (allo scopo cioè di applicare condizioni di lavoro e di salario peggiori: un “modello Pomigliano” ante litteram), la Incomes (che in inglese significa “incassi”, non a caso). Gli altri, salvo qualcuno che accettò una buonuscita per andarsene volontariamente, furono messi in cassa integrazione con la promessa di una “sicura” ricollocazione.

Alla fine dei due anni, in cassa integrazione sono rimasti in 82: con buona pace della promessa di sicura ricollocazione.

Se è vero che anche le sconfitte servono per imparare a evitare gli errori precedenti, la lezione della Lasme di Melfi è una sola: l’unica via di successo per i lavoratori è rimanere uniti e resistere un minuto in più dei padroni. Cedere un dito fidandosi dei padroni e dei falsi consiglieri significa perdere il braccio, e pure tutto il resto.

Il caso della Elnagh di Trivolzio somiglia molto a quello della Lasme: anche qui si licenziano tutti e si chiude lo stabilimento per spostare la produzione dove conviene di più. Bisogna lottare perché la fine della storia, questa volta, sia ben diversa!

 

E con questo, auguro buon Natale a tutti i lettori!

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