Cade o non cade?

Speriamo che cada, ovviamente.

Ma preoccupiamoci anche di quello che verrà dopo: il problema è Berlusconi, d’accordo, è il berlusconismo, d’accordo, ma è soprattutto la dittatura del capitalismo finanziario, dei mercati, delle banche e della BCE.

Stiamo attenti, perché quelle istituzioni che oggi dimostrano, con l’andamento degli indici finanziari, di desiderare la fine di questo sordido governo, sono le stesse che appena pochi giorni fa hanno usato lo stesso strumento, lo stesso ricatto, per impedire ai cittadini greci di dire la loro sul proprio futuro con un referendum.

Non è per guastare la legittima festa di tutti quelli (me compreso) che non vedono l’ora che Silvio se ne vada, ma voglio dire che sul carro dei vincitori guidato da Fini, Casini, Rutelli, Bersani, Draghi e compagnia, io non ho nessuna intenzione di salire, e non dovrebbe salirci nessuno che abbia a cuore il proprio stipendio, il proprio posto di lavoro, la propria pensione.

Men che meno dovrebbe cercare di salirci, magari come ruota di scorta, e sia pure con mille cautele terminologiche, un partito come Rifondazione Comunista. Esattamente di questo si discute nel congresso di questo partito che si sta svolgendo in questi giorni: c’è chi – la maggioranza dei dirigenti – sostiene che si dovrebbe aderire a un “Fronte democratico” sostanzialmente senza principi per battere Berlusconi e il berlusconismo. In molti però, guardandosi attorno, riconoscono che è già in campo un conflitto di classe che va ben al di là del semplice pro o contro Berlusconi, che gli attacchi feroci lanciati dal mondo imprenditoriale ai lavoratori in questi anni hanno risvegliato una coscienza che va alimentata e sostenuta, che si deve essere avanguardia e non retroguardia del movimento che il 15 ottobre ha portato in piazza centinaia di migliaia di persone a protestare, più o meno consapevolmente, contro il capitalismo nel suo complesso e non soltanto contro questa o quella stortura.

Oggi che Berlusconi sta per cadere e che i giorni del berlusconismo sembrano davvero finiti, l’assurdità della linea della maggioranza dei dirigenti di Rifondazione Comunista mi sembra ancora più evidente: è un progetto già morto prima ancora di nascere, senza nessun respiro e nessuna prospettiva. Spero che nelle discussioni che si tengono in questi giorni nei circoli i tanti generosi militanti di questo partito se ne rendano conto, superando i pregiudizi e giudicando con la propria testa se sia davvero desiderabile, prima ancora che praticabile, un qualsiasi accordo con chi, come il Partito Democratico, ha nella liberalizzazione del mercato del lavoro, nella privatizzazione dei beni comuni, nell’applicazione delle misure di austerità volute dalla BCE il proprio programma già compiuto.

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