“Hanno stuprato un mio amico!”

Anzi, due amici, nel giro di una settimana. Ed entrambe le volte io ero lì, sono rimasto a guardare senza poter muovere un dito, paralizzato dall’angoscia e dal dolore. Li hanno violentati in ogni modo possibile, sfigurati, stravolti. Mi ci sono volute un paio di settimane per elaborare il trauma e sono ancora sotto shock.

Da un lato vorrei solo dimenticare, dall’altro penso sia giusto lasciare questa testimonianza.

Non lo meritava proprio Douglas Adams, che si starebbe rivoltando nella tomba se avesse potuto assistere a L’universo, molto probabilmente, rimasto troppo a lungo in scena al teatro Oscar – Pacta dei teatri. Uno spettacolo che della Guida Galattica ha l’assurdo ma non il divertente, né tantomeno il geniale. Per chi conosce la saga nelle sue multiformi manifestazioni (libri, serie TV, film, perfino gioco testuale per PC), un’ora e mezzo di noia priva di senso e di irritazione; amici incontrati lì per caso, che non avevano mai sentito parlare della Guida, dopo aver visto lo spettacolo mi hanno garantito che con Douglas Adams non vogliono più averci a che fare. Altro che “omaggio”!

Non avevo mai letto il racconto di Philip Dick da cui è tratto il film I guardiani del destino. Mi sono rifiutato di comprare l’ennesima raccolta Fanucci in cui sono ripubblicati tutti i racconti da cui sono stati tratti dei film, con l’ultimo in bella evidenza in copertina: ho letto soltanto quello che mi interessava, di straforo, in libreria. Rispetto ad altri non mi è parso eccezionale: quasi una bozza per la semplicità con cui i temi (il libero arbitrio, la religione, l’alienazione) sembrano quasi soltanto scalfiti. Ma questo non è un buon motivo per farne un film penoso, patetico e allo stesso tempo privo di qualsiasi pathos. Non è che non sia lecito ricontestualizzare una storia, attualizzarla per darle maggiore impatto su un pubblico quasi 60 anni più giovane del racconto originale. Ma se devi stravolgere trama, personaggi, tematiche, significato – significato! – al punto che dell’originale rimane appena un riferimento nel titolo, allora perché fingere che il film sia legato al racconto? Semplice: perché così i fessi come me vanno al cinema a vederlo.

Oltre al costo del biglietto, dovrei farmi rimborsare le spese dell’analista.

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One comment

  1. purtoppo è un trucco sempre più in voga. in maniera simile anche se non così spinta viene usato con i film con titolo tratto dai videogiochi. sto ancora tentando di trovare un nesso logico tra il film ed il gioco di Resident Evil, tanto per citarne uno!

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