Diario di un’operaia – terza parte

Mentre il ministro Maroni alza la tensione sul corteo di domani “chiamando” provocazioni violente, si conclude il racconto dell’ex operaia della LASME 2 di Melfi: queste pagine sono secondo me un esempio efficace del ruolo che CISL e UIL giocano ormai praticamente ovunque, quello di servi degli interessi padronali. Che con la manifestazione di domani si apra una nuova stagione di lotte!

La trattativa e il voto

Dopo Chiavari seguono settimane di ‘niente’: gli incontri con Bertocchi sono radi e concudono ben poco, non fanno che accrescere nervosismo e divisione. Devo ammettere che dalla metà di ottobre il presidio lo fanno soprattutto gli indiretti (pensa un po’!) Quando si decide di salire sul Bertello (la piattaforma del magazzino automatizzato, fiore all’occhiello della LASME), il 15 novembre, molti dei colleghi si mostrano insofferenti, alcuni sono inferociti. Ciò che i più condividono è un irresistibile desiderio di concludere alla svelta. Intanto non percepiamo più salari.

Durante l’ultima assemblea, mentre Giuseppe e un collega sono sul Bertello e Vito Buglione è con gli altri sindacalisti, succede di tutto: volano parole di ogni tipo, una collega si inviperisce con uno dei direttivi della UIL che avendo avuto tra le mani i soldi della colletta che ci mandano gli operai della BARILLA per il secondo mese l’ha versato sul suo conto tamponando la rata della macchina, lo sbugiarda davanti a tutti con effetti disastrosi, tra minacce che volano e l’immancabile sventolio di soldi in faccia da parte del sindacalista UIL.

La tensione è alle stelle, Vito ha il sentore che si spingerà per la votazione dell’ennesima, sempre quasi uguale proposta aziendale, che la FIOM reputa non idonea: per la FIOM non è ammissibile la mancanza di rotazione per tutti nei due anni di cassa integrazione straordinaria e la mancanza di criteri nella scelta di chi eventualmente rimarrà se alla fine della CIG saranno comunque inevitabili i licenziamenti. Gira voce che questa volta si voterà a favore dell’azienda.

In effetti, benché alle assemblee fossimo sempre molti di più di chi partecipava al presidio, quella mattina compaiono persone che non pensavo fossero ancora dipendenti LASME, e altri che addirittura non avevo mai visto. Vito e altri sono perché non possano intervenire questi lavoratori, che in qualche modo non si è riusciti a coinvolgere finora e che si sono pure attirati qualche antipatia (io stessa non è che abbia grande confidenza con nessuno dei due, ma non ho mai pensato che la popolarità sia un requisito per la lotta). È Cillis, segretario regionale FIOM, a tentare di scuotere le coscienze contro la truffa a cui si rischia di cedere.

Tra i tanti commenti, sento qualcuno dire che quelli sul Bertello agiscono di testa loro ,che bisogna finirla e andare incontro all’azienda dimostrando apertura e buona disposizione a una soluzione ragionevole. Io mi imbestialisco e vomito di tutto: che l’azienda tanto per cambiare ci sta raggirando presentando oltretutto la stessa proposta, o quasi, per mesi; che bisogna rispettare chi ha messo da parte i propri figli per mesi, come Vito, e chi al presidio è presente sempre; che bisogna partecipare al presidio nella misura compatibile alle proprie esigenze, tenere presente che capannone, macchine, formazione professionale e il posto di lavoro stesso lo dovevamo, e con noi i Pellegri, alla Regione Basilicata; che opporsi non è un fatto di sindacato o appartenenza politica, ma puramente di giustizia, di mostrare un minimo di dignità e orgoglio per quello che siamo e per la nostra terra. Infine chiedo perché non siano arrabbiati per il modo in cui ci stanno trattando. Si scatena un fitto dibattito che continua fino alle 15 quando ‘i presenti’ pretendono la votazione. I toni sono ormai lontani dal dialogo civile, io intervengo l’ultima volta (che volentieri mi strozzerebero) chiedendo cosa sia cambiato dalla prima proposta dell’azienda, sostanzialmente uguale: potevamo ottenere più o meno lo stesso trattamento a settembre. Gridando minacciosi mi rispondono che si sono stancati (uno poi che al presidio manco partecipava) e che bisogna votare, che la nostra intenzione è solo perdere tempo. Io aggiungo che se non era per il presidio non ci sarebbe nessuna votazione…

Io parlavo per sostenere le mie idee e per chiarire che mio marito non stava sulla piattafoma per cambiare aria, nessuno mi ha spinto a nulla, non ero nemmeno tesserata…

Si vota per alzata di mano, e non a scrutinio segreto come avevano proposto alcuni sindacati. A sorpresa il NO supera il SÌ, cosi mentre ancora contano qualcuno comincia a battere le mani e a gridare. Io stessa che avevo in borsa il fischietto delle manifestazioni comincio a fischiare più forte che posso correndo sotto la piattaforma dove sta Giuseppe. Il presidio continua con spirito rigenerato, con maggiore adesione anche.

La vendetta del padrone e la fine

Solo per pochi giorni però, giusto il tempo che Pagliuca pubbichi un articolo in cui sostiene che alla votazione non fosse presente la maggioranza dei dipendenti LASME e che quindi la democrazia non sia stata salvaguardata… Ma le contromisure sono ancora più subdole, un gruppetto di colleghi di Melfi (città dell’illustre Pagliuca) si organizzano telefonicamente chiedendo adesioni per una raccolta firme contro “l’ingiusta” votazione e contro la FIOM colpevole di non rappresentare pù i lavoratori LASME: ovviamente si dichiarano indipendenti da sindacati e politica.

Tengono un banchetto alla stazione a Melfi e cominciano a telefonare a tappeto, dicendosi disponibili a raggiungere chi non può spostarsi, di qualunque paese si tratti. Un indiretto attivo al presidio telefona a una collega impiegata chiedendo spiegazioni e lei si premura di venire a spiegarsi in azienda: è la moglie di un pezzo grosso della SATA.

Con difficoltà riescono a raccogliere le firme necessarie, setacciando ogni paese, telefonando, insistendo, promettendo, minacciando: sono fuori tuti i tesserati FIOM, se firmi sei fra quelli che l’azienda richiamerà, cosi non perdiamo la cassa… e ancora più in basso.

Queste firme vengono mandate direttamente a Roma e il giorno dopo, il 30 novembre, la FIOM è sollevata dal rappresentarci. Riescono a costringerci a lasciare il presidio, consegnando le chiavi al sindacalista UIL che due giorni dopo le consegna a Bertocchi. Si conclude così il presidio della LASME sostenuto dalla FIOM.

Non dimenticherò mai le lacrime di Vito Buglione che urlava che questo presidio gli era costato tutto, che povertà… l’impotenza del dover mollare. Poi l’insinuazione che la LAMES avesse pagato alcuni bonifici di 2000 euro a qualche dipendente LASME, quella è stata per me la classica goccia che mi è costata lacrime infantili, con i singhiozzi e amare come un veleno. Mi si è rivoltato lo stomaco e la nausea per quell’ambiente di lavoro che per me non era mai stato dei più felici ha superato tutto il resto, mio marito era più preparato di me e tentava di convincermi che avevamo fatto tutto ciò che potevamo e ci eravamo sempre comportati bene anche nel lavoro, ma lo sgomento sì non ha risparmiato nemeno lui.

Post scriptum

La ‘new co.’ INCOMES alla fine ha davvero riaperto i battenti delle ‘superata’ LASME, subito dopo la consegna delle chiavi a Bertocchi è rientrata la responsabile del personale, il responsabile del magazzino e un carrellista immagino a fare l’inventario delle scorte che già erano pronte per essere spedite alla Lames a luglio. Poi è stata la volta di un’impresa di pulizia che ha lavato pure i vetri, e finalmente alla fine di gennaio i primi operai,come da accordo a ogni scadenza un gruppetto di circa quindici. Ovviamente della cassa integrazione nemmeno l’ombra, anche se la UIL ce l’ha assicurata “per l’inizio del mese prossimo” subito dopo la firma dell’accordo a metà novembre… La prima rata è arrivata solo alla fine di aprile,i mesi di presidio ovviamente sono andati persi.

Alla fine di giugno sono effettivamente stati chiamati tutti gli 82 previsti.

Da quello che ho capito questa INCOMES fornisce solo manovalanza, fa capo a un tizio apparentemente estraneo ai Pellegri, i quali mantengono la proprietà dello stabilimento e dei macchinari affidandone la gestione appunto alla INCOMES. Il capitale sociale della new co. ammonta addirittura a 10.000 Euro. Il tutto si ‘appoggia’, non so in che senso, a una finanziaria di Milano.

Da quando si lavora il turno è solo quello centrale (8-17) con straordinari selvaggi e scorta a oltranza.

Naturalmente i criteri di scelta non hanno assolutamente tenuto conto né dei monoreddito, né dell’invalidità, né di nessun altro parametro che non fosse ‘tecnico-organizzativo’ dell’azienda.

Sugli 82 si sono tesserati alla UIL circa sessanta dipendenti, alla FIOM in due. E vogliamo parlare degli ultimi eventi alla SATA?

Tempi duri per i metalmeccanici e per tutti i lavoratori dipendenti… Forse codardamente ma ripieghiamo, sperando che le cose non vadano allo sfascio come in realtà ci aspettiamo. Nonostante tutto tanto per me quanto per Giuseppe la LASME è una lezione di vita in tutti i sensi, tutto sommato positiva nel bene e nel male, come si suol dire un pezzo di cuore.

FINE

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8 comments

  1. Scusate ma alla fine come è andata a finire, per chi arriva qui e non sa i presupposti o non ha seguito come me, se non in modo frettoloso?

  2. CISL e UIL hanno firmato l’accordo che i lavoratori avevano rifiutato: oltre metà dei dipendenti (tra i quali la protagonista della storia e suo marito) è stata licenziata (con una misera buonuscita), gli altri sono stati riassunti dalla stessa azienda, che nel frattempo è stata chiusa e riaperta con un altro nome.

  3. solo oggi ho trovato il mio racconto che hai reso assolutamente efficace e anche se tutto sembrava cosi lontano leggedo mi è sembato di riviverlo oggi,e incredibilmente bucia proprio come allora. Mia sorella lavora a mirafiori,con gli altri prima del referendum di gennaio,se non ricordo male,è stata chiamata individualmente e invitata a votare a favore dell’azienda…preistoria,adesso vive la dilagante ‘new co.’ frutto del fallimento del nostro presidio. L’involuzione dei metalmeccanici si è decisa alla Lasme…
    L’informazione è comunque un privilegio che spero riusciremo a mantenere. Grazie avv.Laser.
    Anna.

  4. Grazie a te Anna!
    Io penso che la parola fine sulle lotte dei metalmeccanici in Italia non sia stata ancora scritta: il referendum di Mirafiori è una sconfitta, certo, ma di quelle da cui è meno duro rialzarsi e che possono trasformarsi presto in vittorie.
    A presto!

  5. E’ sconfortante che le sconfitte continuino inesorabili,le miserie di chi x avidità o x necessità falsano o bloccano la lotta rende vana la lotta stessa.

  6. E mica finisce qua…… la storia si ripete nemmeno dopo 3 anni…… ITALIA DI MERDA

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