Ddl 1167, il Governo prepara la sua Morte Nera

Con l’approvazione al Senato del disegno di legge 1167-B, il Governo consente al padronato italiano di compiere un salto di qualità nello smantellamento dei diritti dei lavoratori: più che una controriforma, è una vera e propria controrivoluzione, sia pure condotta in sordina. L’attacco questa volta prende le forme di un lunghissimo testo che conferisce “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché di misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”.

Di tutto di più, insomma, ma è ovvio che il cuore del disegno è costituito dalle norme in materia di lavoro: vediamole con ordine.

Clausole generali, contratti certificati, clausole compromissorie: il delitto perfetto.

Ai giudici si comanda non mettere becco nelle “valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente”: dovrebbero quindi limitarsi a valutare l’aspetto formale dell’operato padronale, senza considerare il merito delle questioni. La norma esprime un principio già esistente, ma che qui trova un ulteriore rafforzamento con la specificazione dei suoi campi di applicazione: “instaurazione di un rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e recesso”. Insomma, in tutte le vicende che interessano un rapporto di lavoro, dalla sua nascita alla sua cessazione, il datore di lavoro è … padrone.

La competenza dei giudici viene notevolmente ridotta anche nel caso in cui il contratto di lavoro (individuale) sia stato “certificato” dalle parti. Questa della certificazione non è di per sé una novità: lo strumento era previsto anche dalla “legge Biagi” ma non aveva mai trovato, finora, grande applicazione, anche a motivo del fatto che il contratto, benché certificato, era pur sempre impugnabile dinanzi al Tribunale. Ed ecco l’idea: cancellare a monte e preventivamente la possibilità del lavoratore di rivolgersi a un giudice, consentendo alle parti (cioè al datore di lavoro, che è l’unico ad avervi interesse – e che interesse!) di inserire nel contratto individuale, attraverso lo strumento della certificazione, una “clausola compromissoria” in base alla quale ogni eventuale controversia inerente il rapporto di lavoro verrà giudicata e decisa da arbitri invece che dal Tribunale.

La differenza, a tutto svantaggio dei lavoratori, è colossale: da un lato, l’arbitrato è costoso e le spese dovranno essere anticipate per metà da ciascuna delle parti. Ne seguirà che in molti casi il lavoratore rinunzierà preventivamente a far valere i propri diritti, non potendosi permettere di pagare o quantomeno non volendo rischiare di perdere del denaro in caso di mancato successo. Il giudizio ordinario in Tribunale, al contrario, è gratuito e spesso, per prassi, il lavoratore che dovesse perdere la causa non viene condannato a pagare le spese legali del datore di lavoro. Dall’altro lato, in caso di lodo sfavorevole sono estremamente ridotte le possibilità di impugnazione: la tutela del lavoratore viene anche per questo verso fortemente indebolita. Gli arbitri – in caso di richiesta delle parti – potranno anche decidere “secondo equità”, e quindi senza necessità di seguire se non “i principi generali dell’ordinamento”: anche quando daranno ragione al lavoratore, quindi, potranno scegliere di attenuare le sanzioni in deroga alle norme di legge. Ad esempio – e l’esempio non è casuale, ma è evidentemente ciò a cui pensava il Governo – potranno scegliere di non garantire a un lavoratore illegittimamente licenziato la tutela reale prevista dall’art. 18 dello Statuto, riconoscendogli soltanto un risarcimento più o meno modesto.

Le modalità concrete di applicazione della norma sono demandate agli accordi interconfederali o ai contratti collettivi di lavoro. È chiaro che si procede a passi sempre più spediti alla definitiva spaccatura tra sindacati “amici” (CISL, UIL e UGL, perlomeno al livello nazionale) e sigle “nemiche”, e al tentativo di emarginazione della CGIL (per non parlare dei sindacati di base). Non è un caso che il segretario generale della CISL abbia espresso un parere tendenzialmente favorevole sullo strumento dell’arbitrato. Del resto, i sindacati che andranno a far parte dei collegi arbitrali saranno lautamente ricompensati: di fatto, vengono comprati dallo Stato, in un contesto che ricorda sempre di più quello corporativo del periodo fascista.

Per sicurezza, comunque, qualora non siano previste dai contratti collettivi, le modalità di attuazione della nuova disciplina verranno stabilite direttamente con decreto dal Ministero del Lavoro.

Sempre più precari.

Le novità in materia di decadenze e licenziamenti rischiano di avere un impatto per certi versi ancora più disastroso.

Innanzitutto, diventa più complicata l’impugnazione: finora era sufficiente qualsiasi atto scritto del lavoratore, senza formalità, nei 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento; adesso viene introdotto l’obbligo ulteriore di depositare il ricorso in giudizio, nei 180 giorni successivi, a pena di decadenza. È inutile sottolineare come ogni onere aggiunto renda più difficile l’esercizio del diritto.

Ma il vero trabocchetto riguarda qui i lavoratori precari.

Per la prima volta, infatti, le decadenze che finora caratterizzavano soltanto l’impugnazione vengono estese anche ai contratti a termine, interinali (in somministrazione) e a progetto, e perfino nei casi di trasferimento di azienda e di appalti farlocchi.

Ecco quindi che alla scadenza del contratto il precario dovrà scegliere se fare causa all’azienda in men che non si dica, e bruciarsi così ogni speranza di rinnovo, o attendere nella speranza di un rinnovo e bruciarsi così per sempre la possibilità di fare causa all’azienda. Non ci sarà da stupirsi se gli imprenditori useranno questa novità come un ulteriore strumento di ricatto.

Ma non basta: anche nel caso in cui il termine dovesse essere giudicato illegittimo, e il contratto convertito in tempo indeterminato, viene ridotto il risarcimento che il datore di lavoro è tenuto a versare. Il risarcimento, infatti, non coprirà più tutto il periodo dalla scadenza del termine al ripristino del rapporto, ma sarà contenuto tra 2,5 e 12 mensilità di retribuzione.

In pratica, il Governo interviene in modo chirurgico a eliminare gli ultimi ostacoli alla precarizzazione del lavoro che la “legge Biagi” non era riuscita a rimuovere, anche – occorre riconoscere – per l’interpretazione che parte della magistratura aveva dato di quelle norme.

Tanto per non farsi mancare niente, le nuove regole, una volta entrate in vigore, si applicheranno anche ai contratti in corso di esecuzione e perfino – quelle in tema di risarcimento – alle cause già pendenti.

La vendetta di Atesia.

Dopo le numerose leggi ad personam, il Governo inaugura anche la legge – ci si perdoni il neo-latinismo non proprio ciceroniano – ad aziendam.

Non c’è altro modo per interpretare la norma che chiude l’intero disegno di legge e che appare ritagliata su misura per la controversia che oppone una cinquantina di lavoratori alla famigerata Atesia (che oggi, tanto per ripulire la propria immagine, è ribattezzata Almaviva).

Un po’ di storia (che per fortuna conosciamo meglio del latino): nell’estate 2006 Atesia, allora il call centre più grande d’Europa con oltre 3.500 operatori, tutti co.co.pro., venne condannata ad assumere con contratto a tempo indeterminato tutti i lavoratori e a versare tutte le differenze retributive e contributive, oltre che a pagare una maxi multa per le numerose irregolarità. Con la (colpevole) complicità dei sindacati, venne raggiunto un accordo in base al quale gli addetti sarebbero stati assunti a tempo indeterminato con contratti part-time a orari flessibili e con uno stipendio da fame, a condizione che rinunziassero a ogni diritto sul pregresso.

Circa 50 lavoratori decisero di non aderire all’accordo e rivolgersi al tribunale per ottenere tutti i diritti che spettavano loro. La sentenza, favorevole, di primo grado è stata confermata in appello, e adesso pende il giudizio in Cassazione.

Ebbene, l’art. 50 del ddl 1167 prevede che, in caso di accertamento della natura subordinata di rapporti di co.co.pro., il datore di lavoro che abbia offerto entro il 30 settembre 2008 la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato è tenuto soltanto a pagare un risarcimento tra 2,5 e 6 mensilità di retribuzione, e non a reintegrare i lavoratori. La norma si applica anche ai giudizi in corso, compreso ovviamente (e principalmente) quello dei lavoratori ex-Atesia, che vedranno così cancellate di colpo le fatiche e i diritti ottenuti in tre anni di lotte.

La risposta? Sciopero generale!

In questi giorni si susseguono una serie di interventi critici sul ddl 1167, specialmente dagli addetti ai lavori, ovviamente nel campo dell’opposizione. Da più parti (anche il professor Alleva dalle colonne di Liberazione) si invoca un referendum che abolisca alla radice l’istituto della certificazione, e si invita a chiedere l’intervento della Corte Costituzionale in sede di prima applicazione delle nuove norme. Il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero e la responsabile lavoro Roberta Fantozzi hanno addirittura annunciato uno sciopero della fame.

Ora, per quanto le norme siano certamente incostituzionali, altrettanto sicuramente non può essere un referendum, o l’intervento della Corte Costituzionale, né tantomeno uno sciopero della fame la via maestra da seguire per bloccare questa controriforma. Si tratta di armi quantomeno spuntate di fronte a un padronato che ha lanciato un’offensiva senza precedenti: come affrontare un carro armato con un bastone.

L’unica possibilità per fermare questo attacco è organizzare una risposta all’altezza della situazione, mobilitare la classe lavoratrice italiana e avviare senza esitazioni un percorso che porti al più presto a un partecipato sciopero generale, con l’obiettivo di scuotere il Paese e abbattere il Governo più reazionario della sua storia. Prendiamo esempio dai lavoratori greci!

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20 comments

  1. per fortuna la par-condicio non ti ha ancora oscurato…la tua lettura del ddl è illuminante ma un pò forbita x noi semplici operai ed “ex”.E’ sempre istruttivo visitare il tuo sito.Se ci dovesse servire un avvocato ci rivolgeremo a te.Ciao.

  2. Ciao Anna!
    Grazie per la “fedeltà”. Nei prossimi giorni proverò a tradurre un po’ meglio dal legalese, in modo da rendere il testo meno oscuro per i non addetti ai lavori (mica solo gli operai!!). Purtroppo l’hanno reso complicato apposta per cercare di farlo passare inosservato o quasi.
    A presto!

  3. Non ti sembra assurdo che tutto ciò sia accaduto nella completa indifferenza o quasi. Nessuno ne ha parlato, il tanto rinomato Santoro non ha assolutamente discusso di una norma, che già prima di Natale era nota a tutti. A tutt’oggi, non mi risulta che il ddl sia stato pubblicato, ma vedrai che dopo il caos elettorale … del resto cosa cambia?. La realtà è che, chi come me ha dedicato la vita al diritto del lavoro, oggi è più che mai disilluso in merito alla professione del “giuslavorista”. Vorrei aver vissuto all’epoca dello statuto dei lavoratori, ma credo che quelli siano tempi ormai andati. Complimenti per l’articolo l’ho trovato puntuale ed appropriato, una critica arguta che meriterebbe più larga diffusione.

  4. Che in generale non si dia molta eco a questa riforma penso sia dovuto al fatto che, in fin dei conti, una ulteriore liberalizzazione del mercato del lavoro è nei programmi tanto della destra al governo quanto del PD all’opposizione. Lo stesso prof. Ichino che ha commentato negativamente il testo di legge ha più volte ribadito, in passato, di essere favorevole a un “superamento” delle tutele dell’art. 18.
    Alla fine fa un po’ comodo a tutti che il confronto politico sia incentrato quasi esclusivamente sulle vicende personali di Berlusconi e in generale sulla “questione morale” (pur importante, per carità), tralasciando del tutto il merito della proposta politica sui temi del lavoro, dell’immigrazione, dei diritti civili.

    Quanto alla professione di giuslavorista, mi pare che il suo progressivo svuotamento sia una realtà più che un rischio. Ma tutto sommato il margine per incidere sui rapporti di forza, o perlomeno per arginare le ingiustizie più clamorose, credo esista ancora.

    Grazie in ogni caso per il commento, e se vorrai diffondere l’articolo te ne sarò tanto più grato.

  5. Salve… sono Maria è vorrei da lei un parere al risguardo del ddl 1167-b.Mio marito, autista di autobus, è stato riamesso nel proprio posto di lavoro in seguito ad una sentenza in primo grado, con la quale si trasforma il rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato per assenza di contratto in originale.L’azienda ha ricorso in appello. A questo punto vorrei sapere con l’applicazione del nuovo ddl, mio marito a che cosa va incontro? In sostituzione del posto di lavoro gli spetta solo un’indennità come risarcimento del danno? Che cosa ci consiglia? Cosa possiamo fare?
    Nell’attesa di un suo cordiale riscntro porgo distinti saluti

  6. Cara Maria,
    ti ho risposto in mail privata. Ad ogni modo, quella parte della riforma sui contratti a tempo determinato ha intaccato l’entità del risarcimento, ma non la conversione in rapporto a tempo indeterminato.

  7. Ciao.
    Complimenti per la critica.
    Io avrei una richiesta particolare. Sto preparando la tesina su questo argometo, in particolare sulle “disposizioni e le decadenze in materia di contratti a termine”. Volevo chiederti se hai trovao qualche approfondimeto piu accurato in termini normativi. Essendo un argomento nuovo è ancora presto per trovare critiche dottrinali o pareri giurisprudenziali. E’ gradito qualsiasi consiglio.
    Grazie
    Rei

  8. Ciao Rei e grazie.
    Il testo del disegno di legge lo trovi sul sito del Senato a questo indirizzo:
    http://www.senato.it/leg/16/BGT/Schede/Ddliter/34862.htm

    Quanto a commenti di dottrina, si stanno tenendo un po’ in tutta Italia convegni sugli effetti della nuova legge sui rapporti di lavoro e la loro tutela giuridica: se ne tiene uno a Bergamo venerdì della prossima settimana, ad esempio. In generale, però, si sa ancora troppo poco di come verranno applicate le novità.

    Peraltro, come avrai letto, è di oggi la notizia che il Presidente della Repubblica ha rinviato il provvedimento alle Camere per un approfondimento, per cui si tratta di un testo non ancora definitivo – anche se come scrivo dubito che verranno introdotte modifiche significative. In ogni caso, però, questo sposta il problema di qualche mese.

    Se ti va, quando l’avrai scritta, mandami la tua tesina (sulla mail che compare in alto a destra): mi interesserebbe leggerla. Buon lavoro!

  9. Ciao sono un ex lavoratore interinale che, a seguito di sentenza di 1° grado, è stato reintegrato in TELECOM, la quale si è appellata ed ora si sta attendendo la pronuncia di 2° grado. Qui a Bologna altri appelli si sono vinti in passato tranne uno, circa un mese fa.. A parte questa spada di Damocle sulla testa è incombente ora anche questa MORTE NERA, secondo tentativo dal 2008 (o terzo se consideriamo quello diretto e meno meschino di intaccare direttamente l’articolo 18).
    Questa legge criminale da quel che capisco (sono dottore in filosofia)si applica a tutti i procedimenti in corso fino al 2° grado. Questa legge impedisce al giudice la reintegra in caso di ingiusto licenziamento, il quale giudice può solo condannare l’azienda a corrispondere massimo 12 mensilità…
    QUINDI io, reintegrato dal 2005, dovesse passare questa legge (fatta deo gratias da incompetenti anche a livello giuridico-legislativo), potrei vedermi applicata una norma ed essere lasciato a casa da un giorno all’altro, visto che la corte d’appello, che sia pro o contro al ricorso dell’azienda, potrebbe anche solo applicare la nuova norma, e invalidare il dispositivo del 1° grado.
    Mi chiedo cosa succederà con tutti i lavoratori che attendono giudizio per le Poste Italiane, e con le migliaia di cause in corso.
    Il mio avvocato si è messo le mani nei capelli, ma se lo aspettava fortemente.

  10. Ciao Thomas,
    per fortuna non è proprio così.
    Per il caso dei contratti a termine la legge – che si applicherà, una volta in vigore, a tutti i procedimenti pendenti fino al grado di Cassazione! – non nega la reintegra ma stabilisce soltanto un tetto (12 mensilità appunto) al risarcimento *oltre* la reintegra. Non è detto neppure (ma è probabile) che questa norma si applicherà anche agli interinali, ma anche lì in ogni caso, e per fortuna, la reintegra, in caso di successo, è salva.
    Oltretutto, come avrai sentito, il Presidente Napolitano ha deciso ieri di non firmare la legge ma di rinviarla alle Camere. Non dubito che verrà riproposta sostanzialmente uguale, ma intanto passerà ancora qualche mese, e può darsi che qualche piccola modifica venga fatta, magari proprio sull’applicabilità della riforma alle cause pendenti. Insomma, dal punto di vista della tutela giuridica, bisognerà aspettare l’entrata in vigore della legge nella sua versione definitiva prima di poter trarre conclusioni certe.
    Dal punto di vista sociale e politico, bisogna invece sfruttare proprio questi mesi di incertezza per cercare di organizzare il fronte più ampio possibile in difesa dei diritti di tutti i lavoratori, precari e non.

  11. salve.innanzitutto complimenti per l’interpretazione del testo…!ho lavorato alle poste con mansione portalettere con contratto a termine(3 mesi),art2. c.1bis Dlgs 368/2001 scaduto il 30 giugno.immagino lei sia informato circa la questione di legittimità che è stata posta alla corte europea di giustizia in merito a questo articolo.difatti, io mi sono rivolta ad un avvocato per poter fare ricorso,ma l’avvocato sta prendendo tempo in attesa della pronincia della corte.fin qui tutto ok,ma se il ddl dovesse entrare in vigore,se non sbaglio avrei 120 giorni di tempo dalla data di scadenza del contratto per poter presentare ricorso giusto????come posso fare?

  12. Ciao Melania, scusa l’estremo ritardo nella risposta, ma il sito è stato inaccessibile per motivi tecnici per quasi un mese e solo ieri sera è tornato pienamente attivo.
    Quanto alla tua questione, è difficile in questo momento rispondere: i lavori sul ddl sono di fatto fermi mentre diverse proposte di modifica sono intervenute.
    In ogni caso, stando all’ultimo testo disponibile, le decadenze si applicherebbero ai contratti in corso di esecuzione e non certamente a quelli già scaduti, per cui nel tuo caso non dovrebbe cambiare nulla da questo punto di vista.
    Per la cronaca, mi risulta che la Corte Europea di Giustizia abbia deciso sulla questione di legittimità nel mese di giugno in senso sfavorevole ai lavoratori, ammettendo cioè la legittimità di una normativa nazionale che non contenga l’obbligo di specificare il nominativo dei lavoratori sostituiti. Lo stesso punto peraltro è stato oggetto di una sentenza molto migliore della Corte Costituzionale italiana, e di un’altra successiva, meno favorevole, della Corte di Cassazione.

  13. grazie mille per la risposta,ciò che lei mi ha scritto mi rincuora!!in ogni caso,per quanro riguarda la corte di giustizia europea io so che a giugno si sia pronunciata sull’articolo 1 D.lgs. 368/2001. l’articolo con cui sono stata assunta io è l’articolo 2 comma 1 bis,che è l’articolo che ammette la stupulazione di contratti a tempo determinato acasuali,cioè senza l’bbligo di specificare la motivazione dell’assunzione a termine,così come richiesto dalla direttiva europea!è su questo articolo che ancora deve pronunciarsi!o sbaglio???

  14. No, per quella norma non c’è ancora la pronuncia. Mi riferivo invece alla questione della causale “sostitutiva” circa la necessità o meno per il datore di lavoro di inserire nel contratto il nominativo dei lavoratori sostituiti.
    Per la cronaca, ieri il Senato ha approvato con modificazioni il DDL 1167. La palla torna ancora una volta alla Camera.

  15. Salve Avvocato, io mi trovo nelle stessa situazione della signora Melania. Alla luce di questa nuova norma che è stata approvata al senato (1167 mi pare, lei crede che ormai non posso più impugnare il termine apposto al contratto?

  16. Il disegno di legge deve essere ancora approvato in via definitiva dalla Camera, quindi non è ancora legge e senz’altro non è ancora in vigore.
    Perciò hai ancora tempo per impugnare il termine.

  17. salve avvoocato io lavoro in poste dal 2009 in quanto ho vinto l’appello con il contratto art.8, poste e andato in cassazione, appunto volevo sapere se il ddl viene approvato cosa cambia nello scenario futuro rispetto a quello attuale

  18. Ciao Lucio,
    come ho scritto ieri (http://www.avvocatolaser.net/2010/10/21/il-governo-la-mette-nel-culo-ai-precari/) il ddl è stato approvato definitivamente ed entrerà in vigore tra poche settimane, dopo la firma (questa volta obbligatoria) del Presidente della Repubblica.
    Con questo, per le cause relative a contratti a termine e già in corso cambia soltanto (si fa per dire) l’ammontare massimo del risarcimento per il periodo non lavorato, con un tetto di 12 mensilità. La ricostituzione del rapporto a tempo indeterminato in caso di conferma in Cassazione, invece, è salva.

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