Sinistra extraparlamentare

risultati.jpgPeggio di così non poteva andare.

Le due questioni su cui dovrà concentrarsi ogni riflessione, adesso, sono “perchè?” e “che fare?”, e si tratta ovviamente di questioni strettamente collegate. Non pretendo, qui e ora, di dare risposte esaustive, ma quantomeno di fornire – a me stesso, prima di tutto – alcuni spunti da cui far partire un ragionamento più elaborato e completo.

Sulle cause della disfatta, francamente, ho pochi dubbi. Si è stati al governo per due anni con i democristiani, spacciando questa scelta per una mossa tattica geniale che avrebbe consentito di ottenere mirabolanti conquiste. Alla prova dei fatti, conquiste non ce ne sono state, si sono ingoiati rospi su rospi, si sono fatti pure dei passi indietro su temi significativi come le spese militari, le condizioni materiali di lavoro (tutti i rinnovi contrattuali firmati al ribasso), senza ottenere nulla neppure sul piano dei diritti civili. Insomma, un fallimento su tutta la linea. Non può stupire che, dopo due anni di promesse non mantenute, la Sinistra abbia perso voti: e non è un caso che l’astensionismo sia stato molto alto (5% di elettori in meno, in media) nelle “regioni rosse”. Certo, così tanti voti persi non li immaginava proprio nessuno!

Le dimensioni catastrofiche della sconfitta allora si possono spiegare con qualche altro fattore, in aggiunta a quello principale. La propaganda martellante per il voto utile ha giocato un ruolo (ma anche lì: accorgersene prima che il PD ci avrebbe spremuti come limoni per poi buttarci via, no?), così come ha allontanato diversi potenziali elettori l’informe struttura della Sinistra Arcobaleno. Un’alleanza con soggetti tanto moderati come Sinistra Democratica e Verdi, culminata con l’eliminazione della falce e martello dal simbolo, non poteva che generare disaffezione, specialmente mentre si moltiplicano le accuse di corruzione nei confronti dei Pecorari Scanii di turno, e con ancora viva l’immagine delle cataste di rifiuti in Campania. Se devo votare personaggi moderati e corrotti, perlomeno voto per quelli che possono vincere e battere le destre – hanno pensato certamente in parecchi.

Aggiungiamoci infine la presenza molesta e litigiosa delle due micro-sette, che hanno portato via poco meno di un punto percentuale (e almeno qui ci avevo beccato!) e la frittata è fatta.

E’ da un’analisi di questo tipo, sia pure qui in forma soltanto abbozzata e semplificata, che è necessario partire per tirarsi fuori dal crepaccio in cui siamo finiti. Se assumiamo che la causa principale della sconfitta è la politica governista di questi anni, la soluzione alla crisi non può che passare dal rifiuto di ogni logica di questo tipo. Il che non significa “voler stare per forza all’opposizione”, ma vuol dire non guardare in faccia a nessuno e opporsi sempre e comunque a ogni politica che vada contro gli interessi dei lavoratori, degli immigrati, delle donne, che questa politica provenga da Berlusconi o da Veltroni, dal governo nazionale o dalle giunte locali. Bisogna ripartire dallo scontro sociale, checon ogni probabilità crescerà di fronte alla vittoria schiacciante delle destre. Bisogna ripartire dalle piazze e dai luoghi di lavoro, dai circoli e dal territorio: dal basso, insomma. Tutto il contrario di quanto ha fatto il nostro gruppo dirigente da dieci anni a questa parte, con scelte strategiche di massimo rilievo assunte dai vertici senza consultare nessuno e di fatto imposte alla base, privata della possibilità di influenzare attraverso una discussione aperta le politiche del partito.

L’ultima delle malefatte di Bertinotti & Co., a mio parere, è la creazione della Sinistra Arcobaleno. Si tratta dell’ennesimo tentativo di annacquare le idee, le tradizioni, i programmi comunisti, di fatto per renderle più moderate e permeabili al peggiore riformismo. Imbarcarsi partiti senza base sociale ma con molte poltrone, come SD e Verdi, non può che condurre a una strategica subalternità rispetto al Partito Democratico: è proprio ciò che la maggior parte delle persone di sinistra non vogliono! E’ necessario, al contrario, tracciare una linea netta: da una parte, quelli che sono (disposti a lottare) contro la logica del mercato, del capitale, del profitto, per una vera alternativa di società; dall’altra quelli che non si propongono altro che piccoli e sostanzialmente inutili ritocchi all’immagine, invisibili riforme nell’ambito delle compatibilità di sistema, ma nessuna autentica redistribuzione della ricchezza. Noi di qua, gli altri di là con tanti saluti.

Se c’è un aspetto potenzialmente positivo in una sconfitta di queste proporzioni, è che finalmente, forse, potremo fare piazza pulita di tutti quegli elementi opportunisti, burocratici, moderati, ma anche incapaci, che affollano le segreterie dei partiti di sinistra. E potremo allora ripartire più leggeri, un po’ come alla fine di un attacco di diarrea.

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