Di padroni e lavoratori

Oggi sul Corriere on-line c’è una patetica intervista all’anziana madre dell’imprenditore Calearo, ex presidente di Finmeccanica e candidato del Partito Democratico alla Camera: http://www.corriere.it/politica/08_marzo_12/calearo_mamma_polato_a7a1799e-f007-11dc-a686-0003ba99c667.shtml

La simpatica (?) vecchietta si dice stupita che il pargolo – falco dell’imprenditoria italiana, reduce dalla firma del nuovo contratto collettivo dei metalmeccanici – abbia deciso di scendere in campo in un partito di “centro-sinistra”. Lo stesso Calearo ha peraltro dichiarato chiaro e tondo di non sentirsi affatto di sinistra, e per la verità questo è quanto vanno ripetendo gli stessi maggiorenti del Partito Democratico da quando è iniziata la campagna elettorale.

Come giustificare la compresenza, nelle liste elettorali del medesimo partito, di operai metalmeccanici (uno dei sopravvissuti al rogo della Thyssen-Krupp) e padroni? Lo spiega da tempo Veltroni: la novità è che “bisogna superare lo steccato ideologico tra imprenditori e lavoratori: l’imprenditore è un lavoratore che rischia del suo”.

Balle.

Senza fare nomi, per l’ovvio vincolo di riservatezza, racconterò una storiella cui ho assistito in tribunale poco tempo fa.

Si è rivolta allo studio in cui lavoro una ragazza che aveva lavorato per circa un anno in un piccolo call center con un contratto a progetto. Prima ancora della scadenza del termine, l’azienda, una s.r.l., ha deciso di risolvere il contratto perché – afferma – aveva perso diverse commesse e doveva ridurre l’attività e conseguentemente il personale. Abbiamo fatto causa chiedendo che venisse accertato che non c’era nessun vero “progetto” (e in effetti, questo “progetto” consisteva nello svolgere esattamente la normale attività dell’azienda: così, si potrebbero assumere a progetto pure gli operai della FIAT, “col progetto di avvitare bulloni”), e che quindi si dovesse considerare esistente un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, mai validamente risolto.

Il giorno dell’udienza – sorpresa! – si scopre che l’azienda sta chiudendo, soldi non ne hanno, posti di lavoro nemmeno pensarci. Il Giudice, in un disperato tentativo di salvare il salvabile, propone che venga pagato alla lavoratrice almeno quello che le sarebbe spettato fino al termine del contratto a progetto (che, lascia intendere, non è proprio valido): 3.000 euro. L’amministratore, un uomo elegante, grassoccio e molto antipatico, risponde letteralmente: “Su queste cifre non possiamo proprio trattare”. Il Giudice lo guarda, mi guarda, guarda la mia cliente, sgrana gli occhi e con tono sbalordito dice “3.000 euro dite di no?!?” “No.”

Che cosa succederà ora? Probabilmente vinceremo la causa, e la lavoratrice avrà diritto a diverse migliaia di euro e al suo posto di lavoro. Peccato che non otterrà né l’una né l’altra cosa! Questo perchè il marchingegno della “responsabilità limitata” consente di chiudere un’azienda, mandare via tutti, intaccando esclusivamente il patrimonio della società senza toccare quello personale del proprietario: se la società non ha denaro, il padrone tira avanti (e magari ne crea un’altra il giorno dopo), i lavoratori non hanno a chi chiedere il conto. Comodo no? Per esperienza, è la cosa più difficile da spiegare a un lavoratore che l’ha presa nel sedere con questo giochetto.

Ho perso da tempo la capacità di stupirmi per storie come questa: ne ho viste troppe, e sono troppo disincantato. Il disgusto, però, mi sale sempre, oltre a un “sano odio di classe” per questi stronzi che la passano sempre liscia, o quasi. Dubbio: è contro il codice deontologico dare degli stronzi alle mie controparti, anche se non sono citate per nome?

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One comment

  1. Che dire, hai ragione, altrimenti non prolifererebbero così tanto le Srl. E’ capitato anche a me di lavorare in una Srl che poi è andata in liquidazione, ai fornitori è andata bene se hanno preso il 10% di quanto gli spettava, i lavoratori (assunti) hanno beccato la mobilità. I padroni hanno riaperto l’azienda (con lo stesso nome!! Da non credere…) e avanti così.
    Mi dispiace molto per la tua cliente, spero che riuscirà ad ottenere almeno il giusto che le spetta, se non il lavoro in quella ditta chiaramente gestita da stronzi.

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